Sabato 21 Dicembre 2024
REDAZIONE ESTERI

Carola Rackete, chi è la capitana della Sea Watch 3 che ha sfidato Salvini (e l'Italia)

Trentunenne tedesca, famiglia borghese, si è convertita alla causa terzomondista dopo uno stage con Greenpeace

Carola Rakete, capitano della Sea Watch

Berlino, 26 giugno 2019 - Ma chi è Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3 che oggi è entrata in acque italiane, sfidando il divieto del ministro dell'Interno Salvini. E cosa vuole ottenere da questa partita in lungo e in largo nel Mediterraneo? Sangue freddo, viso angelico e pugno di ferro, la donna al timone della nave battente bandiera dei Paesi Bassi con a bordo 42 migranti, è una colonna dell’organizzazione non governativa con sede a Berlino che gestisce la missione. Inizia la sua militanza tre anni fa come addetta ai radar per tenere sotto controllo in remoto droni e velivoli da ricognizione mandati in avanscoperta a pattugliare il mare, in cerca di barconi carichi di clandestini da localizzare.

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Ecologista vegana e poliglotta, studi naturalistici universitari nel Regno Unito, Carola è stata in passato nostromo a bordo di navi oceanografiche nel Polo Nord, per conto dell’Istituto Wegener per la ricerca marina, una fondazione con sede a Bremerhaven, collegata al circuito dei centri di ricerca ambientalista. Animata da ideali umanitari, nemica dei sovranisti, Carola Rackete è divenuta la paladina dei diritti dei migranti.

Trentunenne, tedesca, cresciuta in una famiglia borghese, la Rackete si è convertita alle battaglie terzomondiste durante un’esperienza con Greenpeace.

Cosa rischia Carola Rackete

La comandante che in questo gioco del gatto col topo ha incrociato per giorni fuori dalle acque territoriali italiane per poi puntare, oggi, verso il porto di Lampedusa, non sembra una persona disposta a farsi intimorire dalla prospettiva di essere indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, subire una multa fino a cinquantamila euro (i soldi alla onlus non mancano, c’è pure una colletta in atto per pagare la cauzione) e il sequestro della nave. Secondo il ministro dell'Interno "Sulla Sea Watch non bisogna cedere. Non accetto che sia una associazione di fuorilegge stranieri a dettare la linea sull'immigrazione italiana. Sono già incorsi in due reati, come uno che non si ferma a un blocco stradale. Non capisco, da cittadino italiano, che cosa aspetti qualcuno a emettere un ordine di arresto". Così il ministro Matteo Salvini alla conferenza sui Comitati per l'ordine e la sicurezza in Calabria e Puglia. Secondo il ministro, la Sea Watch 3 ha commesso il primo reato entrando in acque italiane, contro il provvedimento firmato dal Viminale assieme ai ministri Trenta (Difesa) e Toninelli (Infrastrutture) che negava il transito alla nave. Un secondo reato è stato commesso con il rifiuto a fermarsi all'alt intimato dalla Guardia di Finanza..

La sanzione pecuniaria, secondo il decreto sicurezza bis, dovrebbe essere applicata dalla Prefettura di Agrigento. Restano gli eventuali profili penali di competenza della procura di Agrigento che, nel caso in cui la Finanza denunciasse la Rackete e l'equipaggio per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, dovrebbe procedere a una iscrizione nel registro degli indagati.

Per la prima volta la linea dura del Viminale per fermare le immigrazioni indiscriminate viene recepita anche in Europa. La Corte europea dei diritti dell'Uomo di Strasburgo, infatti, ha respinto il ricorso dei 42 migranti a bordo della Sea Watch 3 per ottenere dai giudici comunitari un'autorizzazione all'attracco e allo sbarco, che il ministro dell'Interno continua a negare. "Anche la Cedu conferma la scelta di ordine, buon senso, legalità e giustizia dell'Italia: porti chiusi ai trafficanti di esseri umani e ai loro complici", esulta il vicepremier. Che ribadisce: "Meno partenze, meno sbarchi, meno morti, meno sprechi. Indietro non si torna".

Salvini era pronto a mantenere il punto anche in caso di sentenza negativa da parte della Corte: "Per quanto mi riguarda, in Italia non arriva, può restare in mare fino a Natale e Capodanno", spiegava prima di conoscere l'esito del ricorso. Perché Italia "non si fa dettare la linea da una ong che non rispetta le regole e che è pagata da chissachi".