Chernobyl, 6 marzo 2023 - I cani randagi di Chernobyl sono stati modificati geneticamente dall’esposizione alle radiazioni. Lo sostiene uno studio appena pubblicato su Science Advances e condotto dagli scienziati del National Institutes of Health degli Stati Uniti a Bethesda, nel Maryland.
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Cosa resta da capire
Ma le modifiche genetiche sono state indotte esclusivamente dalle radiazioni? Questo dovrà essere approfondito. Lo studio è stato condotto su centinaia di animali che per tutti questi anni – dopo l’incidente alla centrale nucleare del 26 aprile 1986 - sono stati esposti alle radiazioni nella zona di ’alienazione’, dove è vietata la permanenza delle persone per un lungo periodo. Dalle analisi è emerso che i cani che vivono in prossimità dell’impianto costituiscono ormai da decine di anni popolazioni isolate dagli altri cani. La maggior parte di questi animali non si è mai spostata dalla zona, con le nuove generazioni che continuano a presidiare la stessa porzione di territorio.
"Ecco come è stato condotto lo studio"
Il team, guidato da Elaine Ostrander e Timothy Mousseau, ha prelevato il sangue dagli animali selvatici che popolano attualmente la zona. In un arco di tempo di circa tre anni, i ricercatori hanno raccolto campioni da circa 300 cani che vivevano nella centrale e intorno alla città spettrale. Dopo gli eventi del 1986, le autorità sovietiche hanno esortato la popolazione a evacuare l’area radioattiva. Molti scienziati avevano espresso la preoccupazione che gli animali colpiti dai residui delle scorie nucleare potessero espandersi e diffondere il rischio nucleare. In realtà, gli esperti hanno dimostrato che la popolazione di cani di Chernobyl è rimasta isolata da altre popolazioni canine per decenni, tanto che gli esami del DNA hanno evidenziato che i cani dell’area discendevano direttamente dagli esemplari presenti nella zona durante o subito dopo l’incidente al reattore.
Perché lo studio può essere utile per l'uomo
Questo lavoro è stato svolto nell’ambito di un progetto più ampio, volto a determinare come i migliori amici dell’uomo si siano adattati per sopravvivere in uno dei luoghi più radioattivi del pianeta. Le conoscenze acquisite, commentano gli autori, potrebbero rivelarsi utili a stimare gli effetti dell’esposizione alle radiazioni a lungo termine sulla genetica e sulla salute umana. Le conseguenze derivanti da bassi livelli di radiazioni sono infatti ancora oggetto di accesi dibattiti nella comunità scientifica.
Le prossime tappe della ricerca
“La continua presenza di cani nell’area - afferma Ostrander - dimostra che la specie è stata in grado di sopravvivere e riprodursi nonostante le condizioni di radioattività, il che è piuttosto notevole”. Nei prossimi step, il gruppo di ricerca dovrà stabilire quali cambiamenti genetici possono essere attribuiti alle radiazioni e quali ad altri fattori, come la consanguineità o altri inquinanti. “Effettueremo altri campionamenti - conclude Mousseau - la conoscenza dettagliata della storia genetica di questi animali fornisce un focus ideale per gli studi futuri in questa direzione”.