Mercoledì 2 Aprile 2025
REDAZIONE ESTERI

La corsa della Norvegia ai bunker della Guerra Fredda. Cosa ha insegnato l'invasione russa in Ucraina

Basi fino a qualche decina di anni fa pressoché sconosciute agli stessi norvegesi. Poi abbandonate, vendute e infine recuperate e tirate a lucido. Dietro ci sono valutazioni di carattere estremamente pratico

Caccia nella base di Bardufoss (Foto dal sito ufficiale delle Forze armate norvegesi)

Caccia nella base di Bardufoss (Foto dal sito ufficiale delle Forze armate norvegesi)

Roma, 30 marzo 2025 – Il nemico alle porte, un contesto internazionale che si sta facendo via via sempre più teso e la necessità di razionalizzare le spese in vista di tempi che restano avvolti da ben più ombre che luci. E così la Norvegia, è il caso di dirlo, sta correndo ai ripari. Negli ultimi anni, infatti, Oslo ha deciso di investire risorse per restaurare alcuni bunker militari “top secret” della Guerra Fredda. Secondo la Bbc, al culmine delle tensioni tra blocco sovietico e Alleanza atlantica erano circa 3mila quelli disseminati in tutto il Paese. Che, in quanto a geografia e orografia, ben si adatta alla costruzione di rifugi. Tra montagne e caverne, il territorio sembra fatto su misura per nascondere basi aspre e rocciose. Complesse da individuare, ancor di più da raggiungere e distruggere. Stazion che fino a poche decine di anni fa erano sconosciute financo alla stessa popolazione norvegese. Sono due, in particolare, i giganteschi bunker che Oslo ha riattivato, adattato alle esigenze attuali e dotato dei più moderni equipaggiamenti. Si tratta della stazione aera di Bardufoss e della base navale di Olavsvern. Dietro a questi investimenti, ci sono valutazioni di carattere estremamente pratico.

Approfondisci:

Ucraina: il profondo coinvolgimento degli Usa, l’incontro in Germania, i risentimenti, le tensioni sulla controffensiva, il ricatto Kursk. L’inchiesta del Nyt

Ucraina: il profondo coinvolgimento degli Usa, l’incontro in Germania, i risentimenti, le tensioni sulla controffensiva, il ricatto Kursk. L’inchiesta del Nyt
Approfondisci:

Trump avverte Putin: “Sono molto arrabbiato, senza intesa metterò i dazi sul petrolio russo”

Trump avverte Putin: “Sono molto arrabbiato, senza intesa metterò i dazi sul petrolio russo”

Bardufoss

Un caccia F-35 Lightning II costa dagli 80 ai 110 milioni di dollari, mentre un drone kamikaze in grado di colpirlo e comprometterlo solo 300 dollari. La guerra in Ucraina ha messo a nudo tutte le fragilità di questi mezzi. Ha insegnato che sono armi tanto micidiali quanto semplici da distruggere. E allora invece che alzare precarie reti metalliche o posizionare pneumatici sulle ali dei jet, soluzioni emergenziali già adottate – con scarsi risultati - nel conflitto ucraino, sembra più indicato affidarsi ai rocciosi hangar di Bardufoss. 

Terminata nel 1938, la stazione aerea era utilizzata dai tedeschi per piazzare i caccia tedeschi a difesa della corazzata Tirpitz, ancorata in un fiordo non lontano. Durante la Guerra Fredda Bardufoss svolse lo stesso ruolo per proteggere gli aerei norvegesi da un possibile raid sovietico. A fine anni ‘80, quando già le tensioni andavano scemando, gli hangar furono chiusi e quasi ce ne si dimenticò. Fino a una decina di anni fa, quando Oslo ha deciso di risistemare la base, sia nella struttura, sia negli equipaggiamenti. Il suo compito è ora quello di contribuire alla “resilienza e alla sopravvivenza” degli F-35.

Approfondisci:

Putin vara il sottomarino nucleare Perm, nato per lanciare i missili ipersonici Zircon

Putin vara il sottomarino nucleare Perm, nato per lanciare i missili ipersonici Zircon

Olavsvern

Storia differente, ma compito simile, quello del bunker navale di Olavsvern. Iniziata negli anni ‘50, in piena Guerra Fredda, e costata 450 milioni di dollari (con cospicuo finanziamento Nato), fu un’opera talmente imponente e complessa che fu terminata definitivamente a Unione Sovietica già crollata. Il tunnel di uscita, lungo 909 metri, era chiuso da una mastodontica porta anti-esplosione. La posizione di Olavsvern, vicina al punto in cui il Mar di Norvegia incontra quello di Barents, era strategica: fungeva da deterrente, o trappola, per sottomarini o navi da guerra russe dirette verso l’Atlantico. Impossibile per la flotta sovietica evitare la strozzatura dei due mari. Nonostante il disgelo, fu comunque utilizzata dalle navi Nato in missione nell’Artico. 

Un sottomarino attraccato in un porto non lontano dalla base di Olavsvern
Un sottomarino attraccato in un porto non lontano dalla base di Olavsvern

Fino al 2009, quando il parlamento norvegese vota per chiuderla. Quindi la cessione a privati nel 2013 (a prezzi ben al di sotto del valore di mercato) e i tunnel della base che si riempiono di roulette e auto epoca. Poi il nuovo proprietario, forse senza darci troppo peso, decide di dare ospitalità a due navi da ricerca e a pescherecci russi. I media di Mosca diffondono notizie secondo cui una quota della società che ha in mano Olavsvern appartengano ai russi. Non è vero, ma tanto basta a catturare l’attenzione del WilNor Governement Service, multinazionale norvegese dagli stretti legami con l’esercito di Oslo, che nel 2020 riacquista la base. Che viene, anche in questo caso, rimessa a nuovo e aggiornata. Ora anche la Marina degli Stati Uniti sarebbe intenzionata a piazzare lì i propri sottomarini militari. E ora questo è il suo scopo, blindare i sottomarini (Usa e norvegesi) e proteggerli da eventuali “attacchi aerei verticali”. Sottomarini che potrebbero divenire cruciali in vista di una mai scongiurata guerra dei ghiacci artici.