Sabato 3 Agosto 2024
GIORGIO CACCAMO
Esteri

Le trattative a Bruxelles, un’altra grana per Ursula: le donne sono pochissime

La presidente della Commissione ha chiesto agli Stati membri la parità di genere. L’appello è stato disatteso. Ma i Trattati Ue non obbligano alle quote rosa

Roma, 3 agosto 2024 – Ursula Albrecht, coniugata von der Leyen, ha rotto il soffitto di cristallo più di una volta. Prima donna ministro della Difesa in Germania. Prima donna alla presidenza della Commissione Ue, per di più confermata per un secondo mandato, dopo aver impresso una svolta decisa all’istituzione: l’ha resa più “politica“, l’ha personalizzata su se stessa, ha introdotto una quasi totale parità di genere tra uomini e donne (14 a 12).

Ursula von der Leyen con Raffaele Fitto
Ursula von der Leyen con Raffaele Fitto

La narrazione a lei cara è quella di un "girl power" europeo, insieme alle altre donne forti delle istituzioni Ue, Roberta Metsola al Parlamento e Christine Lagarde alla Bce. Così si spiega la richiesta, inviata ai 27 Stati membri, di indicare entro fine agosto due profili, un uomo e una donna, tra cui poi scegliere nel lento processo di formazione della Commissione.

Ebbene, quasi nessuno l’ha seguita. È vero che i Trattati non prevedono obblighi di quote rosa, ma lo smacco rischia di essere forte e sintomo di debolezza. Innanzitutto, i Paesi che vogliano sostenere il bis di un uscente non sono obbligati a indicare due nomi di genere diverso. Infatti finora i confermati sono quasi tutti uomini: la Slovacchia ha indicato il vicepresidente esecutivo Maroš Šefčovič, la Lettonia l’altro vicepresidente, falco del rigore, Valdis Dombrovskis, la Francia Thierry Breton, i Paesi Bassi Wokpe Hoekstra. L’unica donna che farà il bis è la croata Dubravka Suiča. L’Ungheria di Orbán propone Oliver Varhelyi, già a rischio di bocciatura nelle audizioni all’Eurocamera.

Ma non basta. Nessun Paese intenzionato a proporre nomi nuovi ha ascoltato l’appello. L’Irlanda ha reagito non appena la lettera di Ursula è arrivata sulla scrivania del premier: "Abbiamo chiesto al ministro delle Finanze, Michael McGrath, di lasciare l’incarico per andare in Europa. Si è dimesso, è importante dargli questa certezza". Della serie: la parità di genere è importante, ma la politica lo è di più. Pure Malta (Glenn Micallef), Repubblica Ceca (Jozef Síkela), Slovenia (Tomaž Vesel), Austria (Magnus Brunner) e Grecia hanno cordialmente declinato l’invito. Dalle parti di Atene, in realtà, il rifiuto è stato più netto: il prescelto Apostolos Tzitzikostas ha minacciato di ritirarsi in caso di secondo nome (femminile).

La futura Commissione, per ora, conta solo sei donne: oltre a Kaja Kallas, l’estone Alto rappresentante per la politica estera, Suiča e la stessa von der Leyen, ci sono la spagnola Teresa Ribera, la svedese Jessica Roswall e la finlandese Henna Virkkunen. Troppo poche. Ma anche i favoriti nei Paesi che ancora non hanno deciso sono comunque uomini, come in Romania o in Lussemburgo.

E l’Italia? Il nome più accreditato – anche per aspirare a un portafoglio economico pesante – resta quello del ministro Raffaelle Fitto, mentre l’ambasciatrice Elisabetta Belloni ha un profilo altissimo, ma in tutt’altro ambito. D’altra parte, è chiaro che le tensioni tra von der Leyen e la premier Giorgia Meloni già non aiutano a dirimere la matassa delle trattative, figurarsi se ci si mette di mezzo anche la questione di genere. Di questo passo, le sole donne italiane nella Commissione resteranno Emma Bonino (1995-’99) e Federica Mogherini, non molto incisiva Alto rappresentante per la politica estera dal 2014 al 2019.