Roma, 25 febbraio 2023 - Più che un piano di pace è un 'position paper', un documento politico che indica piuttosto genericamente una linea. Ma il testo reso noto ieri mattina dalla Cina sulla crisi russo-ucraina, proprio perché ambiguo e vago (e quindi interpretabile a piacimento) è stato accolto da caute aperture a Kiev e Mosca, oltre che all’ONU, e assai più freddamente a Washington, Bruxelles e alla Nato che lo bocciano perché il testo è generico e la Cina "non è credibile".
Il testo, in 12 punti, cristallizza la visione cinese, mette sullo stesso piano aggredito e aggressore ma fa affermazioni di una certa importanza laddove sottolinea "la necessità di rispettare a sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi" (ma non chiarisce se le regioni annesse da Mosca sono da considerare russe o ucraine). Di contro, Pechino chiede di "abbandonare la mentalità della Guerra Fredda" e sottolinea che la sicurezza regionale "non possa essere garantita rafforzando ed espandendo i blocchi militari" (un chiaro attacco alla Nato) e rileva la necessità di "tenere in debita considerazione i legittimi interessi e le preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi".
Non apprezzato in Occidente il punto in cui si afferma che "Pechino non è d’accordo con l’abuso di sanzioni unilaterali, non approvate dal Consiglio di sicurezza, nel contesto ucraino perché non aiutano a risolvere la crisi ma creano solo nuovi problemi". Il punto tre invita a "cessare le ostilità e fermare la guerra", evitando di "aggiungere benzina sul fuoco" (stop all’invio di armi?). La guerra dovrebbe concludersi "senza vincitori". Dopodiché la Cina lancia un appello a Mosca e Kiev per "creare le condizioni atte a fornire una piattaforma per la ripresa dei negoziati", riprendendo il dialogo diretto, "perché il dialogo e i negoziati sono la sola via d’uscita alla crisi Ucraina". Bene. Positivi sono anche il punto sullo scambio di prigionieri, la protezione dei civili, l’invito a "rispettare l’accordo sul trasporto del grano nel Mar Nero" e quello sull’"inammissibilità dell’uso delle armi nucleari" e sull’"improrogabile necessità di contrastare gli attacchi armati contro impianti nucleari pacifici come le centrali nucleari".
Nulla di particolarmente concreto e dettagliato, e forse in questa fase era difficile andare oltre senza vedersi chiudere la porta da almeno una delle parti. E così, ovviamente ognuno lo interpreta a suo modo. "La Russia – dice il ministero degli Esteri di Mosca – è aperta a raggiungere gli obiettivi dell’operazione militare speciale attraverso mezzi politici e diplomatici, ma a condizione che cessi la fornitura di armi e mercenari occidentali all’Ucraina, della fine delle ostilità, del ritorno dell’Ucraina a uno status neutrale non allineato, del riconoscimento di nuove realtà territoriali che si sono sviluppate a seguito della realizzazione del diritto all’autodeterminazione, della smilitarizzazione e della denazificazione dell’Ucraina". Come dire, a patto che ceda alle richieste russe.
Positivo, e senza provocatorie richieste, Voldymyr Zelensky che propone "un futuro summit per la pace, con Cina e India", per porre fine alla guerra in Ucraina. "La Cina – ha detto il presidente ucraino – ha iniziato a parlare di Ucraina e penso che questa sia una buona cosa. La dichiarazione cinese rispetta la nostra integrità territoriale, e questo è buono anche se su alcuni punti non siamo d’accordo. Ma parliamoci. Sto programmando di incontrare Xi Jinping. Questo sarebbe importante. La Cina rispetta l’integrità territoriale e deve fare di tutto perché la Russia lasci il territorio dell’Ucraina". Mica facile. Nel frattempo prosegue il piano di riarmo dell’Ucraina ma gli Usa frenano ancora sugli F16 che, dice il consigliere per la Sicurezza nazionale americana, Jake Sullivan "non sono uno strumento chiave". Almeno per ora.