Lunedì 23 Dicembre 2024
CESARE DE CARLO
Esteri

Biden tende la mano a Xi, prime intese tra potenze su clima e tecnologia: "Dobbiamo cooperare"

Sorrisi e gesti di distensione tra i due leader, poi quattro ore di faccia a faccia. "Il mondo è grande, bisogna gestire responsabilmente la competizione"

Una volta i summit fra le superpotenze vedevano da una parte gli Usa e dall’altra l’Urss. Poi l’Unione Sovietica si suicidò. E al suo posto subentrò la Cina anch’essa comunista, ma assurta a potenza globale proprio per avere rinnegato i dogmi economici del marxleninismo. Ieri i due presidenti Joe Biden e Xi Jinping si sono rivisti in una San Francisco ripulita delle tendopoli. E su un punto hanno convenuto: le due nazioni hanno responsabilità mondiali e dunque è opportuno – come ha detto l’americano – che si vedano "faccia a faccia per evitare false percezioni e false comunicazioni". Le une e le altre – ha replicato il cinese – sono pericolose perchè "da noi dipende lo stato delle relazioni internazionali". Dunque bipolarismo geopolitico nella visione di Xi.

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Un anno dopo

Il summit in margine all’Apec, Asia Pacific Economic Cooperation, si è svolto a un anno dall’ultimo in margine al G20 di Bali. Ma la Cina non è più la stessa: ora rischia l’implosione. E se questo avviene lo si deve alla recuperata consapevolezza americana di avere contribuito a creare il mostro. Le reazioni sono state le tariffe doganali di Donald Trump e le restrizioni all’export di tecnologia di Joe Biden. In altri termini alla globalizazzione gli Usa hanno sostituito la competizione "con l’obiettivo – dice la Casa Bianca – che a sua volta alla competizione non si sostituisca il conflitto". Ieri i due presidenti si sono incontrati a ruoli invertiti. È stato il cinese a inseguire un reset delle relazioni bilaterali, a promettere lo stop all’esportazione di Fentanyl e il controllo dell’intelligenza artificiale ad uso pacifico e militare. Ha sollecitato una ripresa degli investimenti americani e ha ripetuto gli impegni sempre disattesi contro l’inquinamento. Invece è stato l’americano a rimarcare come gli Usa abbiano rilanciato il loro primato economico "mentre i cinesi hanno problemi reali".

Nessun sorpasso 

Due anni fa, in piena pandemia, originata proprio in Cina, il Pil cinese era pari al 75% di quello americano. Oggi è il 64% come nel 2017. La crescita era attorno al 9%. Oggi non arriva al 4. Il mercato immobiliare e delle infrastrutture è crollato. Nell’hinterland le città hanno interi quartieri vuoti. Autostrade e aeroporti appena costruiti e mai usati. Ieri Biden ha ripetuto quel che Xi sa benissimo, e cioè che "l’economia americana sta andando molto bene". Crescita al 4% del Pil, disoccupazione sotto il 4. Inflazione in ritirata. Mercato azionario alle stelle.

Merito duplice

In parte il merito va a Biden. In parte a Trump. A Biden, che ha voluto punire la Cina per l’appoggio alla Russia sull’Ucraina e per le minacce a Taiwan. A Trump, perchè fu il primo a impostare il "decoupling " dell’economia americana da quella cinese e a favorire il rientro delle produzioni strategiche. Due anni fa, come effetto della pandemia, l’economia americana appariva in ginocchio. Fu da quel momento che le grandi corporations americane si guardarono intorno alla ricerca di mercati meno rischiosi, cominciarono a disinvestire in Cina e a investire in Vietnam, India, Messico.

Banchetto con i Ceo

In altre parole il capitale straniero sta fuggendo. Ecco perchè a Xi molto più dell’incontro con Biden e dell’istituzione di una specie di telefono rosso, come ai tempi dell’Urss, stava a cuore il banchetto serale con i Ceo delle grandi multinazionali. Alla Boeing ha fatto intravedere una megacommessa per oltre cento aerei. Alle compagnie aeree altri voli. Aumenterà l’importazione di soia. Poi ha parlato con altri ospiti illustri: fra questi Elon Musk (Space X), Satya Nadella (Microsoft), Jane Fraser (Citigroup), Darren Woods (Exxon Mobil). Alla fine conferenza stampa del solo Biden. Atmosfera fredda, anzi da guerra fredda.

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