La volontà degli elettori "prevale sempre" e va rispettata e accettata, "non si può amare il Paese solo quando si vince". Alla sua prima uscita pubblica dalla sconfitta della sua vice Kamala Harris, Joe Biden – il principale indiziato della debacle elettorale dei democratici – cerca di rassicurare gli americani e di abbassare i toni che hanno incendiato gli ultimi scorci della campagna.
Accolto nel Rose Garden della Casa Bianca dagli applausi della sua amministrazione e del suo staff, Biden ha assicurato una transizione "ordinata" e un trasferimento di potere pacifico il prossimo 20 gennaio, lanciando di fatto una frecciatina al vincitore Donald Trump che, quattro anni fa, rifiutò il risultato delle urne e invitò la sua base a ribellarsi, aprendo la strada all’assalto al Congresso del 6 gennaio.
"Mi auguro" che l’esito delle elezioni "metta a tacere i dubbi sull’integrità del sistema elettorale americano. È onesto, giusto e trasparente", ha sottolineato il presidente, che nel suo breve discorso ha evitato di entrare nel merito delle responsabilità della sconfitta e ai democratici delusi ha detto: "Abbiamo perso questa battaglia ma l’America dei vostri sogni vi chiede di rialzarvi. Andrà tutto bene, ma dobbiamo restare impegnati, non possiamo mollare". Molti all’interno del Partito democratico ritengono però Biden il principale responsabile di quello che viene definito il "bagno di sangue" alle urne: il partito ha perso non solo la Casa Bianca ma anche il Senato, e rischia di cedere ai repubblicani anche il controllo della Camera.
Al presidente viene rimproverato di non essersi ritirato prima nonostante la sua impopolarità: la sua ostinazione a restare al potere ha trasformato la sua promessa di "ripristinare l’anima dell’America" dopo quattro anni di Trump in un ritorno del tycoon alla Casa Bianca. A Harris viene imputato invece un messaggio inefficace e, soprattutto, la scelta del governatore del Minnesota Tim Walz per la vicepresidenza. "Non ha portato alcun contributo", lamentano molti dei dem, convinti comunque che la vicepresidente abbia maggiormente pagato il prezzo di essere la numero due di un Commander in chief molto sgradito agli americani.