Sabato 2 Novembre 2024
CESARE DE CARLO
Esteri

Berlusconi e i potenti della Terra, dall’amicizia con Putin agli scherzi alla Merkel

Il Cavaliere ha scompigliato gli equilibri politici, ma non gli si perdonava un po’ di ironia

Roma, 12 giugno 2023 – In Europa solo Elisabetta ne aveva conosciuti di più. Ma lei rimase a Buckingham Palace per 70 anni. Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi per 11 anni in totale. E poi lei era una regina e dunque inamovibile. Lui era movibile, movibilissimo. Quattro volte nella polvere. Quattro volte sugli altari. E nei suoi quattro governi aveva avuto a che fare con Bill Clinton, George W. Bush (due mandati), Barack Hussein Obama, l’’’abbronzato’’ come lui l’aveva inizialmente chiamato attirandosi – fra le tante – anche il sospetto di antipatie razziste. Era una battuta. Ma all’alieno milanese che aveva scompaginato gli equilibri politici romani non si perdonava nemmeno un po’ di ironia.

Silvio Berlusconi è morto. Addio al leader di Forza Italia

“Un uomo che ha fatto la storia“. La diretta: le reazioni 

Berlusconi riceve i leader del G8 a L'Aquila
Berlusconi riceve i leader del G8 a L'Aquila

Tre summit

Tre dunque i presidenti americani con cui ha avuto a che fare Berlusconi dal giorno del suo primo insediamento, 11 maggio 1994. Tredici quelli della Grande Regina dal 2 giugno 1953, data della sua incoronazione. Eccone la lista: Dwight Eisenhower, John Kennedy, Lyndon Johnson, Richard Nixon, Gerald Ford, Jimmy Carter, Ronald Reagan, George H. Bush, Bill Clinton, George W. Bush, Barack Obama, Donald Trump, Joe Biden. I tre di Berlusconi, Clinton, Bush junior e Obama, avevano coperto 24 anni di storia americana, di quella storia che per nove anni si è intrecciata con i destini dell’Italia e dell’Europa. Nessun altro capo di Stato o di governo del G7, il club di quelli che una volta erano considerati i potenti della Terra, aveva un record paragonabile al suo. Silvio Berlusconi aveva ospitato in Italia tre summit. Con lui il G 7 era diventato G 8. Ne era stata cooptata la Russia postcomunista di Boris Eltsin, salvo ridiventare G 7 con l’espulsione della Russia di Putin. Erano gli anni Novanta, gli anni in cui l’Occidente si lasciava ancora andare all’illusione di poter decidere i destini del mondo. Del resto la superpotenza alternativa, l’Unione Sovietica, si era suicidata nella notte di Natale del 1991. Gli Stati Uniti e i suoi alleati sembravano essere divenuti i depositari del potere globale. E così gli Usa, la Gran Bretagna, la Germania, la Francia, l’Italia, il Giappone, il Canada nelle loro riunioni annuali fissavano le grandi linee della politica e dell’economia.

Tre nemici

 Altri tempi. Si sa come andò a finire. Si profilarono altri nemici: il radicalismo islamico e la Cina comunista cresciuta anche grazie alla miopia dell’Occidente. E si riprofilò come ritrovato nemico la Russia che sembrava invece essere entrata a far parte della famiglia internazionale. L’aggressione all’Ucraina fu una brutta sorpresa anche per Berlusconi. Con Putin aveva un rapporto personale. Se lo era creato alla fine di maggio del 2002. A Pratica di Mare si svolgeva il vertice della Nato. Presente oltre ai capi di Stato e di governo occidentali il giovane Vladimir Putin. Ebbene l’amico Silvio era riuscito a convincerlo a un passo sensazionale: l’invio di un osservatore russo a Bruxelles al quartiere generale dell’alleanza atlantica. Sembrava acquisita la vocazione pacifica della Russia semidemocratica. Occasione storica sfumata, ahinoi! Va comunque riconosciuto che durante i suoi quattro governi Silvio Berlusconi ebbe visioni ambiziose. Fu un protagonista della scena internazionale. Gli italiani non c’erano abituati, inchiodati per decenni a parti da comparse.

Una mano birichina

Mi trovavo a Napoli l’8 luglio 1994. Era il debutto del neo premier italiano sul grande palcoscenico. Una specie di consacrazione internazionale, dopo l’inattesa, sorprendente affermazione elettorale sulla ‘’vittoriosa macchina da guerra’’ del leader comunista Occhetto. Inoltre Berlusconi era il padrone di casa. Attorno a lui un parterre storico. C’erano Bill Clinton non ancora impeached, Boris Eltsin, colui che aveva presieduto alla liquidazione dell’Unione Sovietica, Helmut Kohl, il padre della riunificazione tedesca. E anche Francois Mitterrand al suo ultimo summit. La sera prima grande ricevimento alla reggia di Caserta. Bill era con Hillary, ma le sue attenzioni erano tutte rivolte a una splendida Veronica Lario in un lamè argentato e aderentissimo. Per un attimo una mano birichina le sfiorò la schiena.

Raffica persecutoria 

Grande successo per il Paese ospitante e per il suo capo di governo! E grande mortificazione. Mentre i grandi della Terra discutevano i giornali italiani pubblicavano la notizia di un avviso di garanzia al premier italiano. Cominciava la raffica persecutoria della magistratura milanese e delle gole profonde in contatto con la stampa antiberlusconiana. Come detto Silvio non era un politico. Era un businessman prestato alla politica. Non rientrava nell’establishment romano. Era un corpo estraneo e per di più non nascondeva affatto il suo anticomunismo. Fu combattuto con ogni mezzo, centinaia di indagini giudiziarie, perquisizioni, 37 processi. Un po’ quello che è accaduto a Donald Trump, altro alieno della scena politica durante e dopo la sua quadriennale presidenza. A dire la verità Berlusconi ha sempre respinto qualsiasi parallelismo con Donald Trump. Non gli piacevano lo stile irruente del tycoon americano e soprattutto la sua mancanza di sense of humor. E invece lui amava la battuta, la barzelletta, lo scherzo come quando fece cucu da dietro a una colonna ad Angela Merkel.

Afghanistan e Iraq

In politica estera non ebbe esitazioni a inviare le truppe italiane in Afghanistan. Lo prevedeva l’art. 5 dello Statuto Nato: l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 andava considerato un atto di guerra contro uno dei membri dell’alleanza. Comportava perciò una reazione congiunta. Nessuna esitazione nemmeno quando spedì le nostre truppe in Iraq. Era il 2003. Seconda guerra del Golfo, voluta da George W. Bush, ma prima guerra preventiva mai condotta dagli Stati Uniti. Guerra sbagliata. Ma lo si apprese dopo, quando deposto Saddam Hussein, non vennero trovati gli arsenali con le armi chimiche e nucleari. Un’altra guerra sbagliata fu quella in Libia. E questa volta Berlusconi esitò a lungo. Alla fine si lasciò trascinare controvoglia nel conflitto voluto da Sarkozy e Obama. Fu l’inizio dei tanti guai legati all’immigrazione clandestina. Caduto Gheddafi la Libia divenne lo hub di scafisti. La guerra civile in Siria avrebbe poi contribuito a sconvolgere del tutto il Medio Oriente. Infine arrivò l’Isis. Il terrorismo islamico insanguinò il mondo intero. Fu estirpato da Trump in Siria e Iraq. Ricomparve in Afghanistan e ora, dopo la fuga disonorevole di Biden, sta rendendo la vita difficile persino ai talebani.

[email protected]