Libano, 8 agosto 2020 - E' il "Sabato della rabbia". Sono migliaia le persone scese in piazza per protestare contro l'esplosione che martedì ha distrutto il porto e ha cambiato il volto della capitale libanese, uccidendo 158 persone e causando 6mila feriti. E se già pesava il bilancio delle vittime dello scoppio, ora si aggiungono i feriti negli scontri fra i manifestanti e la polizia libanese: sarebbero 238 i feriti, di cui 63 sono stati portati in ospedale per le cure, secondo quanto riporta la Croce rossa libanese. La polizia libanese ha anche confermato che un suo agente è rimasto ucciso negli scontri.
I manifestanti, che hanno rimosso i blocchi di cemento posti a protezione dell'edificio del Parlamento, chiedono giustizia per le vittime. Presi d'assalto il Ministero degli Esteri, di Economia e dell'Ambiente. E, dall'interno del ministero degli Esteri occupato e poi liberato in serata dall'esercito libanese, dichiarato "quartier generale della rivoluzione", i manifestanti hanno chiesto che vengano processati i responsabili dell'esplosione di martedì e le dimissioni dell'attuale leadership politica. Con alcuni striscioni, i manifestanti hanno anche chiesto la demilitarizzazione di Beirut: ''Vogliamo che Beirut sia una città priva di armi'', è uno degli slogan principali. Sono stati dati alle fiamme anche i ritratti del presidente libanese, Michel Aoun, nella sede del ministero degli Esteri presa d'assalto. L'esercito libanese ha risposto ai manifestanti dichiarando di comprendere " la rabbia", ma chiedendo "di manifestare ed esprimersi in modo pacifico, senza distruggere le proprietà pubbliche e private". Nel frattempo, anche il collegamento a Internet risulta interrotto in centro a Beirut, secondo quanto riferiscono i media libanesi.
Il premier: "Chiederò elezioni anticipate"
"Chiederò lunedì le elezioni anticipate e resterò al governo per due mesi in attesa dell'accordo politico", ha dichiarato il premier libanese Hassan Diab in un discorso tv.
Continuano ricerche dispersi
Il fumo sale ancora da cumuli di cenere e macerie nel 'Ground Zero' del porto di Beirut, dove squadre di soccorritori libanesi, italiani e di altri paesi, giunti in Libano subito dopo la potentissima esplosione di martedì scorso, fanno una corsa contro il tempo sperando di salvare gli ultimi superstiti. Nel porto, completamente distrutto, rimangono ancorati relitti di imbarcazioni e la nave da crociera Orient Queen è riversa sul fianco destro. Intanto, salgono a 158 le vittime: tanti operai del porto, ma anche tante altre persone che ancora non sono state identificate. "Per ora abbiamo ritrovato soltanto brandelli di corpi… difficile dire a chi appartengano… - spiega Jean Nohra, a capo delle operazioni di soccorso dell'esercito libanese -. Alcuni sono stati identificati come i vigili del fuoco giunti qui dopo la prima esplosione. Sono stati disintegrati, erano vicinissimi al luogo della seconda e più potente esplosione". Aumentano anche i feriti, 5mila, ma il bilancio potrebbe aggravarsi di ora in ora. Si contano ancora 60 dispersi. "Lavoriamo giorno e notte per trovare i dispersi - ha aggiunto Nohra -, ma le speranze sono appese a un filo".
L'Italia è presente nel 'Ground Zerò del porto di Beirut con una squadra di 17 esperti, tra vigili del fuoco e esercito, specializzati nel monitoraggio dell'ambiente potenzialmente contaminato, proprio per proteggere il lavoro delle squadre di soccorritori. Le diverse squadre sono coordinate dal Gruppo dell'Onu per la ricerca e il soccorso internazionale (Insarag) di cui fanno parte, oltre ai militari libanesi, soccorritori di vari paesi arabi ed europei.
Conferenza dei donatori
Inizierà alle 14 di domenica 9 agosto la videoconferenza dei donatori organizzata da Onu e Francia per prestare aiuto al Paese, dopo la devastante esplosione che ha distrutto il porto di Beirut. Non è ancora definitiva la lista dei partecipanti. E' confermata la presenza dei rappresentanti di Unione Europea, Stati Uniti, Regno Unito, Cina Russia, Giordania ed Egitto. Israele non parteciperà alla videoconferenza ma è stato contattato tramite l'Onu, fa sapere una fonte dell'Eliseo, laddove l'Iran "non ha mostrato la sua disponibilita' a partecipare". Invitati anche i Paesi del Golfo (Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita), sulla cui presenza Parigi "non ha dubbi".