Sono 553 gli operatori dell’informazione, dei quali 528 giornalisti, imprigionati nel mondo nel 2024: è il dato che emerge dall’ultimo rapporto di Reporter senza frontiere (Rsf). In testa la Cina con 115 casi, seguita da Myanmar con 70 e Bielorussia con 52. Quarta la Russia con 47 cronisti incarcerati, poi Israele con 46, il Vietnam con 39. In settima posizione, con 35 operatori dei media finiti dietro le sbarre, l’Iran dove si trova in isolamento, nel penitenziario simbolo di Evin, la nostra Cecilia Sala: 26 (20 uomini e 6 donne) risultano ancora in regime di detenzione, altri nove sono stati scarcerati nel corso dell’anno. L’organizzazione non governativa e no profit con sede a Parigi, consulente dell’Onu, monitora, aggiorna e denuncia costantemente gli attacchi contro la libertà di informazione, inserendo nelle sue statistiche i casi documentati di morte o incarcerazione collegati proprio all’attività giornalistica. Tra i primi dieci posti in classifica, in ottava posizione troviamo l’Arabia Saudita con 26 operatori finiti in carcere, poi la Siria con 25 e l’Egitto con 23. Numeri a due cifre anche in Azerbaigian (21 giornalisti imprigionati nel 2024), Afghanistan e India (20), Kirghizistan (18), Eritrea (14), Turchia e Hong Kong (12). Tra freelance, direttori, redattori di carta stampata e di media online, attivisti per i diritti umani, rappresentanti dell’associazione degli scrittori attualmente in carcere in Iran, spicca nell’elenco il nome di Narges Mohammadi, premio Nobel per la pace 2023.
EsteriBavaglio di regime. In cella 553 cronisti