Roma, 18 luglio 2023 – Ci sono guerre a bassissima intensità che non si vedono e che non finiscono mai, tenute fuori dall'attenzione mediatica dove le bombe e l'artiglieria colpiscono insieme ad un altro modo, più silenzioso, di uccidere un'intera comunità. Mentre il conflitto ucraino si allunga per chissà quanto ancora, sono già passati 7 mesi da quando le autorità dell'Azerbaijan hanno deciso di stringere un cappio assassino intorno al collo del Nagorno Karabakh,o Artsakh in lingua armena, una regione geografica senza sbocco sul mare, situata nel Caucaso meridionale e appartenente geograficamente all'Altopiano armeno che combatte da anni per la propria autonomia ottenuta solo in parte, e insidiata dallo stato azero con la complicità indiretta della Russia. Le autorità azere hanno illegalmente bloccato il Corridoio di Lachin, l'unico accesso all'autoproclamata Repubblica del Nagorno Karabakh, nel Caucaso meridionale. Da quel momento 120.000 persone sono completamente isolate, prive di rifornimenti e vie di fuga per mettersi in salvo.
Ci sono anziani, donne, bambini, un'intera comunità sull'orlo della disperazione, priva di medicinali e rifornimenti di cibo. L'Azerbaijan ha inoltre interrotto le forniture di acqua, gas ed elettricità. E negli scorsi giorni ha bloccato anche i mezzi della Croce Rossa Internazionale. Anche questa è guerra di aggressione, fatta per condannare un intero popolo.
Certo, questa fetta di mondo è fuori dal crocevia della geopolitica internazionale e quindi non suscita grandi emozioni. Ma qui si rischia il genocidio. In realtà Europa e Stati Uniti hanno lanciato appelli alle autorità azere per rompere l'isolamento della minuscola ma orgogliosa enclave armena, eppure l'esercito se ne infischia e continua l'offensiva militare violando gli accordi di cessate il fuoco firmati nel 2020 dopo la Guerra dei 44 giorni.
"Il governo di Baku con l'installazione di un posto di blocco illegale nel Corridoio di Lachin ha chiaramente pianificato le condizioni di vita impossibili alla popolazione del Nagorno Karabakh: è in corso un'autentica operazione di pulizia etnica", denuncia il Ministero degli Esteri armeno che anche attraverso l'ambasciata in Italia sta tentando in tutti i modi di attirare l'attenzione su questa situazione drammatica che delinea un disastro umanitario.
Ancora le autorità armene: "Da Lachin in precedenza transitavano circa 400 tonnellate giornaliere di derrate alimentari verso il Karabakh. Poi da fine anno il checkpoint illegale piazzato dall'Azerbaijan ha ridotto le forniture a un decimo. Dal 15 giugno scorso i rifornimenti sono stati completamente interrotti".
Le scorte alimentari stanno finendo, i negozi che già avevano scaffali da economia di guerra sono vuoti. Ma il dramma nel dramma è che l'esercito azero stringe ulteriormente il cappio impedendo in molti casi anche il trasferimento dei malati verso Armenia. Nei casi in cui è stato concesso il permesso le colonne umanitarie sono state sottoposte a procedure umilianti e interminabili filmate dagli azeri per dimostrare che tutto va bene secondo gli accordi internazionali. Una grande truffa, un disastro che il mondo a questo punto deve conoscere. L'Armenia da giorni si appella anche al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (presieduto dalla Russia che fa orecchie da mercante) affinché "utilizzi tutti gli strumenti per garantire l'attuazione degli ordini della Corte internazionale di giustizia, impedire la catastrofe umanitaria e fermare la pulizia etnica in Nagorno Karabakh". Ma per ora la strage continua e l'Azerbaijan tanto per tenere sotto pressione il Nagorno Karabach ogni tanto utilizza anche l'artiglieria. Obiettivo i villaggi dei pastori.