Martedì 5 Novembre 2024

Aviaria nell’uomo in Usa, i dubbi sul latte crudo. “Virus mutato, si adatta ai mammiferi”

La mutazione PB2 E627K sotto la lente dell’autorità. “Non ci sono indicazioni che influisca sulla capacità di trasmissione da uomo a uomo”

Roma, 4 aprile 2024 – Tiene banco il caso dell’uomo contagiato da influenza aviaria in Usa. Le autorità americane sono in allarme dopo che le analisi di laboratorio hanno confermato la presenza del virus H5N1 in un lavoratore del settore lattiero-caseario che aveva avuto contatti con bovini infetti in Texas. E mentre si mette sotto la lente la mutazione dell’agente patogeno che ha portato alla trasmissione ai mammiferi, scatta l’allarme per il latte crudo: l’infezione aviaria sembra concentrata nel tessuto mammario delle mucche. 

Influenza aviaria, foto generica (Ansa)
Influenza aviaria, foto generica (Ansa)

La mutazione

Centers for Disease Control and Prevention americani hanno concluso che il virus possiede una mutazione che si è adattata ai mammiferi. Una scoperta che non cambia la valutazione sul livello di rischio che rimane basso. L’agente patogeno rilevato nel lavoratore infetto è del tutto analogo a quello riscontrato nei bovini da latte in Texas. 

Tranne che per la mutazione “associata all'adattamento dei mammiferi” perché migliora “l'efficienza di replicazione nelle cellule dei mammiferi”, spiega il report del Cdc.

Questa mutazione (PB2 E627K) non è comunque una novità: era già stata identificata sia in altre persone sia in mammiferi infettati dall’aviaria. E non ci sono indicazioni che possa influire sulla capacità di trasmissione del virus da uomo a uomo, né che infici in maniera significativa l’efficacia degli antivirali disponibili. Con ogni probabilità, spiegano i Cdc, “la mutazione potrebbe essere stata acquisita nel paziente durante lo sviluppo della congiuntivite”.  I risultati dell'analisi, secondo i Cdc, confermano dunque che “il rischio complessivo per la salute umana associato ai focolai di virus dell'influenza aviaria ad alta patogenicità A/H5 in corso nel pollame e alle rilevazioni negli uccelli selvatici e nei bovini rimane basso”.

Latte crudo nel mirino

La lente dell’Usda, il dipartimento dell'Agricoltura Usa, si sta focalizzando sul latte crudo. L’autorità ne ha messo sotto controllo il consumo, perché "l'influenza aviaria sembra essere concentrata nel tessuto mammario delle mucche, anche se occorre identificare la presenza della replicazione del virus in altri tessuti".

Secondo l'epidemiologo americano Eric Feigl-Ding, "in questo momento sarebbe preferibile scegliere il latte pastorizzato. Molti esperti - scrive su X commentando i documenti dell'Usda - concordano che il consumo di latte crudo comporta il rischio di infezione". L'epidemiologo Massimo Ciccozzi, sentito dall'Adnkronos Salute, è invece scettico: la possibilità di un contagio da H5N1 attraverso il latte crudo "è davvero molto rara. Forse se si munge a mano e poi si toccano gli occhi. Parliamo di ipotesi che vanno confermate - precisa - perché siamo sempre di fronte ad un virus respiratorio". Sempre Ciccozzi ieri ribadiva la linea da seguire approcciando il caso del Texas: “Pericolo e terrore no, ma attenzione sì", la parola d’ordine dell’epidemiologo.  “Quello che dobbiamo evitare è che circoli tra i mammiferi”, spiegava. “Perché se poi muta o fa un riassortimento genico nessuno ci dice che poi, una volta passato all'uomo, non ci possa essere una trasmissione interumana".