Strasburgo, 13 dicembre 2018 - Era schedato “S”, una sigla che indica persone molto pericolose, ma era libero di andare dove voleva e quando gli pareva. A 29 anni Cherif Chekatt ha subito ben 27 condanne per rapine, violenze, tentato omicidio, estorsioni: un curriculum che non gli ha impedito di entrare indisturbato martedì sera nella “presqu’ile” di Strasburgo, con pistola e coltelli nello zaino. Nessuno ha controllato: i filtri polizieschi piazzati all’ingresso dei ponti che danno accesso al centro storico non hanno funzionato. Si rimane senza fiato davanti all’elenco degli errori, delle omissioni e delle ingenuità dei servizi di sicurezza francesi. Per loro Cherif è un “terrorista ibrido”: nel senso che lo tenevano d’occhio più per i suoi trascorsi criminali che per una possibile appartenenza ad ambienti jihadisti.
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Si era radicalizzato in carcere, in Francia e in Germania, come tanti altri terroristi prima di lui. Come Mohammed Merah, l’assassino dei bambini ebrei di Tolosa. Come Khamzat Azimov, il ceceno ventenne (cresciuto proprio a Strasburgo, nel quartiere popolare di Elsau) che nel maggio scorso uccise a coltellate un passante in rue Monsigny, a due passi dall’Opera di Parigi. Tutti schedati “S”. Tutti pronti a gridare “Allah Akbar” prima di colpire. Tutti liberi di entrare in azione.
Come Cherif sia riuscito a sfuggire alle pattuglie di polizia e di militari con cui si è scontrato durante la sparatoria e nel corso della fuga, è un mistero. Come abbia potuto far perdere le proprie tracce, ferito a un braccio, in una città che secondo le autorità era stretta in una morsa, è altrettanto incomprensibile. Ma c’è di peggio: martedì mattina, la polizia aveva fatto un’irruzione in casa sua, nel quartiere di Koenigshoffen, perché aveva le prove della sua partecipazione a una rapina effettuata nell’agosto scorso ai danni di una banca di Eckbolsheim, nel Basso Reno.
Peccato che le teste di cuoio si siano recate sul posto verso le 7 del mattino, quando lui se n’era già andato, e non in piena notte, come si fa quando si vuole sorprendere qualcuno. Nell’abitazione hanno trovato testi in arabo, una granata, munizioni, un fucile Long Rifle: quel che bastava per far presagire il peggio. Invece non è successo niente, non è scattato l’allarme, non sono state protette le strade che fiancheggiano il mercatino di Natale, meta ogni anno di migliaia di turisti. Omissione grave, tenendo conto che Strasburgo, e in particolare il mercatino, erano già stati presi di mira da Al Qaeda nel dicembre del 2000, quando una cellula terroristica venne smantellata poco prima di passare all’atto.
Le polemiche sono roventi: Laurent Wauquiez, capo dei Républicains, il partito dell’ex destra gollista, mette sotto accusa la gestione dei “fichiers S” da parte della polizia: "Quanti attentati commessi da personaggi schedati con la “S” dobbiamo ancora aspettare prima che siano prese le misure adeguate?", ha protestato. A sua volta Marine Le Pen ha chiesto che "vengano immediatamente espulse dalla Francia" tutte le persone che compaiono nel fichier S: un elenco che secondo l’ex primo ministro Manuel Valls comprende 20mila nomi. "La legge non ci consente di espellere persone che non hanno ancora compiuto atti illegali. E sorvegliare tutti è impossibile", replicano al ministero degli Interni.