Giovedì 21 Novembre 2024
ANDREA MARGELLETTI
Esteri

Gli amici del terrore

CHARLIE HEBDO , Bataclan, Zaventem-Maelbeek. E prima ancora Londra e Madrid. Nel mentre, Bamako, Grand Bassam, Ouagadougou, Istanbul. La sequenza di attacchi terroristici che, negli ultimi mesi, hanno insanguinato le capitali di Europa, Africa e Medio Oriente non ha precedenti nella storia. Tuttavia, gli attentati di Bruxelles e la drammatica vicenda della latitanza di Abdeslam Salah potrebbero aprire una nuova stagione nell’evoluzione del terrorismo jihadista autoctono europeo. Infatti, prima di oggi, le cellule terroristiche islamiche attive nel Vecchio Continente dovevano operare nella massima clandestinità e riservatezza e, soprattutto, potevano contare soltanto sulla solidarietà dei loro pochi membri. Tuttavia, quanto abbiamo osservato a Parigi e Bruxelles mina alla base le nostre certezze. Una filiera terroristica come quella del quartiere Molenbeek e delle periferie rurali belghe, in grado sia di pianificare attacchi complessi sia di proteggere e nascondere il criminale più ricercato d’Europa per quattro (!) mesi, deve necessariamente godere di una diffusa e radicata rete di fiancheggiatori, sostenitori e simpatizzanti.

UNA FILIERA come quella belga, in grado di fornire ad Al Qaeda e allo Stato Islamico ben 600 foreign fighter su una popolazione musulmana complessiva di circa 700.000 persone, possiede un evidente sostegno da parte di quelle comunità locali economicamente alienate, politicamente subalterne e socialmente emarginate. Dunque, in un simile contesto, il terrorismo smette di essere eversione di nicchia e diventa metastasi violenta del malcontento. In questo modo, scopriamo che lo Stato Islamico si comporta come l’Ira in Irlanda del Nord, come l’Eta nei Paesi Baschi e come il Pkk nelle regioni meridionali della Turchia. Scopriamo che lo Stato Islamico, attorno al suo nucleo duro di combattenti, ha migliaia di persone che, soltanto con il loro semplice, complice e omertoso silenzio, lo aiutano. Questo cancro nasce tra le gente e soltanto sanando le fratture tra le gente riusciremo a curarlo, senza ipocrisie, senza populismi ma con lucida fermezza e incrollabile determinazione.