Lunedì 23 Dicembre 2024
IVAN ALBARELLI
Esteri

"Bruno, eroe sulla Rambla. Ha spinto via nostro figlio e il furgone l'ha ucciso"

Il racconto choc della compagna di Gulotta

Funerale di Bruno Gullotta, il dolore della compagna Martina Sacchi (Lapresse)

"Alessandro mi è saltato in braccio e mi ha urlato ‘zio zio papà è morto, un camion gli è passato sopra e gli ha fatto male alla testa’, il bambino era stravolto. Ha solo quattro anni e mezzo ma è molto più maturo della sua età. Sarà difficile per lui dimenticare quelle immagini". E’ la testimonianza di Lorenzo Gulotta, fratello di Bruno ucciso a Barcellona a 35 anni, affidata ai colleghi della Tom’s Hardware per cui la vittima lavorava da sei anni. Lorenzo aspettava il fratello, la cognata e i nipotini per cenare insieme la sera dell’attentato. "Ero al telefono con Martina, mi stava dando indicazioni per raggiungere l’albergo – ha raccontato –. In quel momento era accanto ai medici che tentavano la rianimazione, ho sentito anch’io, distintamente, quella frase agghiacciante: ‘es muerto’". L’Italia ha pagato un prezzo altissimo. Nell’attentato è rimasto ucciso anche Luca Russo, ingegnere di 25 anni di Bassano del Grappa.

Legnano (Milano), 29 agosto 2017 - «Ho visto il furgone che puntava su di noi. È stato un attimo. Ci siamo messi a correre verso la strada. Bruno ha spinto il bambino verso di me e io l’ho afferrato. Il furgone ha sfiorato me e il piccolo e ha preso Bruno in pieno. L’ho visto per terra. Mi sono chinata su di lui e ho gridato, ho chiesto aiuto, era vivo. Gli ho detto ‘amore ti prego non mi lasciare’. Poi sono arrivati i poliziotti con le armi in pugno, ci hanno portato via di forza, scortati verso un albergo e chiusi a chiave dentro. Dalla vetrata dell’hotel ho continuato a vedere cosa accadeva. Mi sembrava un film dell’orrore. Piangevo, gridavo...».   Dodici giorni dopo – ma sarà così anche fra dieci, venti o trent’anni, sarà così per sempre – le parole, i rumori, le sirene delle ambulanze e della Polizia, le urla strazianti dei sopravvissuti e il silenzio dei morti, Martina Sacchi ce li ha ancora davanti agli occhi come se tutto fosse appena successo da pochi istanti. La compagna di Bruno Gulotta, l’informatico legnanese di 35 anni falciato dal van sulla Rambla di Barcellona, ricostruisce per la prima volta quegli attimi terribili, quella manciata di secondi in cui il destino ha deciso di annientare i sogni di vita e di futuro di una giovane coppia e dei loro due bambini. Lo fa parlando con i colleghi di lavoro di Bruno, diventati in questi giorni per lei una nuova famiglia. Le lacrime agli occhi, il viso segnato, la voce che s’interrompe. Un racconto tragico, il suo. Di una giovane donna nemmeno trentenne che adesso non può permettersi di crollare. Ed è lei la prima a saperlo. «I nostri due bambini: ora devo pensare a loro – sottolinea con forza –. Vivrò per ricordare ad Alessandro e Aria che uomo meraviglioso era il loro papà. Lavorava tanto ma la sua famiglia era tutto. Non ci ha mai fatto mancare nulla. È morto da eroe».  La ferocia dell’odio e della morte. L’umanità e l’amore delle migliaia di persone che si sono strette attorno a loro. Martina Sacchi in questo terrificante agosto ha visto tutte le facce della natura umana. «Ho sentito affetto e vicinanza, c’è tanta umanità nel mondo, non solo odio e cattiveria», dice.    Attorno a lei e ai bambini, in effetti, si è stretta non solo un’intera città (e non solo il giorno dei funerali), ma centinaia di persone da tutta Italia e dal resto del mondo. Alla colletta on line lanciata dai colleghi della Tom’s Hardware (www.tomshw.it) per sostenere la famiglia sono arrivate finora oltre settemila donazioni. Dall’Italia ma anche da Bangkok e dall’Australia. Solo ieri sono stati raccolti ottomila euro. La direzione della scuola montessoriana di Castellanza, vicino a Legnano, ha poi annunciato che prenderà con sé Alessandro e Aria: «Bruno voleva mandare i bambini alla Montessori ma non potevamo permettercelo, adesso è arrivata questa buona notizia. Uno dei suoi sogni almeno si è realizzato».  Non si è realizzato invece il suo, quello di laurearsi in Ingegneria. «Aveva interrotto gli studi di Ingegneria informatica per occuparsi della famiglia, ma ora voleva riprenderli». Poi lo sguardo di Martina si ferma. Riavvolge il nastro per tornare a quel 17 agosto. «C’era un guizzo nei suoi occhi, non lo dimenticherò mai. Quando gli ho gridato di non abbandonarmi penso mi abbia sentito. Sì, mi ha sentito...».