Roma, 27 ottobre 2024 – “È vero, tutte queste crisi se lasciate a se stesse hanno una valenza da fine mondo. Ma dal Medio Oriente all’Ucraina fino allo scacchiere asiatico, nessuno degli attori ha interesse a che si arrivi ad una deflagrazione complessiva”. L’ambasciatore Giampiero Massolo, già segretario generale della Farnesina, pesa con attenzione le parole il giorno dopo l’attacco di Israele all’Iran, ennesimo allargamento di crisi che sembrano portare ad un livello di destabilizzazione globale senza precedenti.
L’attacco israeliano sull’Iran sembra di nuovo esser stato tenuto sotto controllo, al di là dei proclami. È così?
“Direi di sì, nel senso che Israele non poteva non rispondere all’attacco missilistico iraniano del primo ottobre, tuttavia lo ha fatto in un contesto di azioni e reazioni attentamente calibrate. Il quadro complessivo è quello di una Hamas rimasta in pratica senza la possibilità di reagire, e Hezbollah che ormai ha una capacità di risposta molto limitata. È uno scenario senza ‘intermediari’ che apre la strada ad un confronto diretto con l’Iran, ma Israele sa bene che Teheran è restia ad un conflitto più ampio, che coinvolgerebbe anche gli Usa. Dunque non solo cerca di ristabilire una deterrenza efficace, ma anche di spingersi fin dove è possibile per cercare di volgere gli equilibri nella regione a proprio vantaggio”.
E può farlo senza porsi limiti?
“No, deve coordinare le proprie risposte nei confronti dell’Iran insieme agli Usa. Aveva tre possibilità: la prima era quella di attaccare i siti nucleari, la seconda di colpire le raffinerie e gli impianti energetici, la terza di limitarsi ad un’azione contro i siti militari. Ha scelto la terza. La prima era stata esclusa subito, perché Israele non dispone dell’armamento necessario – contrariamente agli Usa –, la seconda avrebbe spinto alle stelle i prezzi del petrolio, il che in un periodo elettorale americano non è nell’interesse di nessuno. Non a caso, l’immediata risposta Usa è stata quella di definire la reazione proporzionata, così come da parte iraniana si è corsi a dire che i danni sono stati limitati, lasciando intuire che non ci sarà nell’immediato un’ulteriore escalation”.
Ma Israele è impegnata su molteplici fronti: Gaza, Iran, Libano, Siria, Unifil… Dove vuole arrivare Netanyahu?
“Come dicevo, Israele vuole cambiare gli equilibri di forza in Medio Oriente. Il fatto è che percepisce la debolezza degli avversari, l’Iran in primis, che sa che una guerra più ampia, che coinvolgerebbe anche gli americani, non la vincerebbe. Quindi: le reazioni di Teheran sono condizionate, le capacità di Hezbollah e degli Houthi ridotte al minimo, mentre la decapitazione di Hamas fa sì che Israele punti a rimanere a Gaza così com’è, ossia senza un cessate il fuoco e con l’esercito israeliano che continua a controllare il corridoio Filadelfia cercando di liberare gli ostaggi con le armi e non con il negoziato. Se il piano riuscirà lo vedremo, dipenderà anche dalle elezioni americane”
Già. Tutti sembrano ’usare’ la corsa alla Casa Bianca per consolidare le proprie strategie.
“Ciascuno tende a massimizzare le posizioni, con l’idea di non concedere troppo ad una amministrazione che se ne va ed a tenersi in serbo le carte per quella che arriva. Se eletto, Trump da una parte sicuramente è per una linea di confrontazione con l’Iran, dall’altra parte i Paesi arabi moderati con cui ha sottoscritto gli Accordi di Abramo percepiscono le azioni israeliane come eccessive e sproporzionate: i loro governanti sono in difficoltà con l’opinione pubblica, che hanno a cuore la causa palestinese e le condizioni umanitarie a Gaza e nel Libano del sud. Insomma, è da vedere se si tratti di un calcolo fondato”.