La Turchia di Erdogan non cambia mai. Anche nel condannare "con fermezza il feroce attacco di Nizza", la Turchia – che ha guidato in questi giorni una furibonda la campagna contro la presunta "islamofobia" del presidente Emmanuel Macron – chiede alla leadership francese "di evitare un’ulteriore retorica incendiaria contro i musulmani". E il portavoce del presidente Recep Tayyip Erdogan ribadisce che "il terrorismo non ha religione, lingua o colore", dopo che ancora ieri aveva affermato: "Un musulmano non può essere terrorista, un terrorista non può essere musulmano".
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Purtroppo i terroristi islamisti che inneggiano improvvidamente quanto sistematicamente ad Allah la pensano molto diversamente. E così diversi settori radicali islamici non solo terroristi, come ha ben fatto capire l’ex premier malese Mahatir che a 95 anni ha twittato: "I musulmani hanno il diritto di uccidere milioni di francesi per i massacri del passato". Questo in una giornata nella quale i Paesi islamici sunniti – Arabia Saudita e Emirati Arabi su tutti – hanno semplicemente fatto le condoglianze alla Francia. E non a caso, perché l’Arabia Saudita, custode dei luoghi sacri dell’Islam, è fiera avversaria dell’asse Turchia-Qatar-Iran-Hezbollah libanesi e, dopo le recenti accuse di Erdogan alle monarchie del Golfo, ha annunciato un boicottaggio delle merci turche. Anche il ministero degli Esteri egiziano si è detto "a fianco della Francia", mentre il grande imam della moschea di al-Azhar del Cairo, Ahmed al-Tayeb, ha parlato di un "atto di odio e terrorismo contrario agli insegnamenti dell’Islam".
Più vicina alla Turchia è invece Teheran che condanna l’attacco ma con il suo ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, tira le orecchie anche a Macron laddove invita a "riconoscere che il radicalismo alimenta solo altro radicalismo, e la pace non può essere ottenuta con brutte provocazioni". Ankara apprezza. Il crescente imperialismo turco è un tentativo di ribaltare i rapporti di forza nel mondo sunnita che si è svolto sia su piano politico-diplomatico che prettamente militare in paesi come la Siria, l’Oman e la Libia. Erdogan ha appoggiato da subito la rivolta anti Assad in Siria, con robusti aiuti militari alle formazioni ribelli che non sono cessati quando è emerso un attore ultraradicale come lo Stato Islamico, alle cui “reclute“ è stata per anni consentito di transitare dalla frontiera turco-siriana che non a caso fu ribattezzata "l’autostrada della Jihad". E non solo.
Gli addetti ai lavori ricordano le immagini pubblicate dal quotidiano turco Bugun il 25 agosto 2015 che mostravano il transito dalla frontiera turca verso la Siria di 4 camion pieni di armi ed esplosivi. L’anno successivo Bugun fu chiuso per ordine di Erdogan, ma la strategia di usare l’Isis per far cadere Assad è fallita grazie all’entrata nella crisi siriana di un altro attore spregiudicato come la Russia.
Ad Ankara il flirt, mai confessato, con lo Stato Islamico è costato dal 2016 una serie di sanguinosi attacchi terroristici. Ma nonostante il terrorismo islamico le si sia rivoltato contro, la Turchia continua a soffiare sul fuoco della retorica islamista. E mentre tiene in scacco l’Ue sui migranti e minaccia Cipro e Grecia sulle trivellazioni petrolifere, insorge contro Charlie Hebdo per l’ennesima vignetta e invita a boicottare i prodotti francesi. La speranza del sultano Erdogan è diventare il catalizzatore della rabbia del mondo islamico: tanto peggio, tanto meglio.