
Suni Williams e Butch Wilmore. sono a bordo dell’Iss dal giugno scorso
Il soggiorno nella casa spaziale sarebbe dovuto durare una decina di giorni, ma per problemi tecnici sono intrappolati da nove mesi e ruotano attorno alla Terra a 27.700 km all’ora. Dalla Nasa dicevano di non preoccuparsi: andiamo a prenderli a settembre, magari a Natale, forse a febbraio. Solo adesso, forse, ci siamo. Per gli astronauti americani Suni Williams, 59 anni, e Butch Wilmore, 62 (prigionieri nel futuro con i colleghi Nick Hague e Aleksandr Gorbunov, arrivati però tre mesi dopo), si avvicina il momento in cui potranno smetterla di bere la propria pipì. Per il bene della scienza. Ma pur sempre dentro una scatola di metallo dove il corpo invecchia più velocemente che sulla Terra. A tirarli fuori dalla stazione spaziale a 400 chilometri dalla superficie terrestre, probabilmente mercoledì, non sarà l’apparecchio Boeing Starliner che li aveva trasportati all’andata, ma un’astronave SpaceX con a bordo il nuovo equipaggio che deve dare il cambio.
Dettaglio da niente per noi che ci domandiamo come riescano a mangiare la pizza in assenza di gravità, ma fonte di imbarazzo per Boeing, che avrebbe voluto usare questo viaggio per certificare la promozione di Starliner al volo umano proprio come il competitor ufficiale di proprietà di Elon Musk. Invece oltre al danno la beffa: sarà l’azienda rivale a riportare a casa gli astronauti. Parenti e amici vogliono crederci e fanno gli scongiuri dopo mesi di angoscia: "Perdono visibilmente peso, hanno il viso infossato, non mangiano abbastanza". Nelle foto lui sembra reggere, invece la valorosa Suni è la nonna di se stessa per le ragioni spiegate al Daily Mail dal dottor Vinay Gupta: "È colpa dello stress di vivere per lungo tempo ad altitudini elevate, anche in una cabina pressurizzata, e con un deficit calorico significativo. Il metabolismo nello spazio richiede che si bruci molta più energia di quella assunta. La pizza non basta".
Per le donne va anche peggio: hanno una maggiore perdita di volume di plasma sanguigno e un aumento della frequenza cardiaca, ma niente che possa spaventare Suni Williams, veterana con due missioni da 322 giorni e 4 passeggiate fra le stelle. A giugno, quando è partita con Butch Wilmore per il primo volo con equipaggio della navetta Starliner, non pensava alla tachicardia o al parrucchiere. E nemmeno al fatto che il viaggio avrebbe potuto trasformarsi in odissea. Voleva diventare per la seconda volta comandante della Iss, la regina della casa con al massimo gruppi di sei persone alla volta dove l’umanità costruisce la fantascienza. Sapeva cosa aspettarsi dentro la stazione con cinque stanze e due piccoli bagni. Confortevole per dieci giorni, ma dopo nove mesi di nausea?
Dentro l’Iss gli astronauti fluttuano con la sensazione costante di trovarsi dentro un ascensore che sta precipitando e non è un’allucinazione: la stazione in orbita attorno alla Terra è davvero un corpo in caduta libera che non si schianta mai perché la superficie terrestre curva alla stessa velocità. Cose a cui non ci si abitua. Come l’assenza di peso. O il decadimento di ossa e muscoli da contrastare con due ore di esercizio fisico su cyclette o tapis roulant agganciati alle pareti. Il vitto lasciamo stare, la pizza serve a tranquillizzare i parenti. L’alloggio è ok, tutto sta nel prendere sonno sigillati dentro un sacco a pelo come bachi da seta. E l’acqua, che mistero: alchimia di riciclo del vapore, del sudore e sì, della pipì. Tutto questo mentre aumenta la pressione nel cranio e la vista si offusca. E la terra vista da lassù, con gli incendi, le eruzioni e i suoi ghiacciai rinsecchiti, diventa l’unico posto in cui volere tornare. Subito.