Brunelli
Era solo pochi giorni fa: la stretta di mano davanti al camino della Casa Bianca, il caloroso "bentornato" del presidente uscente rivolto al tycoon vittorioso, le reciproche promesse di una "transizione fluida e ordinata". Oggi il copione è di nuovo fuoco e fiamme, dopo che Joe Biden – dopo mesi di esitazioni – per la prima volta ha dato il via libera all’utilizzo, da parte delle forze armate ucraine, degli Atacms (Army Tactical Missile System), i missili a lungo raggio di fabbricazione americana, per colpire obiettivi sul territorio russo (vedi alla voce Kursk). Per conto del presidente eletto è il figlio Donald Jr. ad accendere le micce: "Sembra che il complesso militare-industriale voglia far scoppiare la terza guerra mondiale prima che mio padre abbia la possibilità di creare la pace".
Non passa mezz’ora che si fa sentire anche Mosca: l’amministrazione americana uscente – dichiara Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino – continua a "gettare benzina sul fuoco", la decisione Usa avrà "risposte appropriate". Rimane il fatto che quella di Biden, come annota la Cnn, "è una decisione controversa e inusuale per un presidente uscente", la sensazione condivisa è che "il vecchio Joe", così straordinariamente defilato durante la campagna elettorale, sia tornato a voler incidere da protagonista globale nel periodo della transizione. "Prima della fine del suo mandato, Biden sta cambiando radicalmente la sua strategia per l’Ucraina", è il commento che si sente ripetere a Capitol Hill.
Fino a oggi il capo della Casa Bianca aveva sempre ribadito che nessun soldato statunitense sarebbe stato dispiegato in Ucraina e che alle forze di Kiev sarebbe stato permesso di utilizzare le armi americane quasi esclusivamente sul proprio territorio. La svolta sui missili Atacms pare invece un’incursione a gamba tesa contro le rumorose promesse trumpiane di una fine fulminea della guerra. Non a caso i fedelissimi del tycoon stanno già sulle barricate: "È come se stesse iniziando una guerra completamente nuova. Ora tutto è cambiato", ringhia l’ex ambasciatore Richard Grenell. Per certi aspetti gli osservatori concordano: in questo ultimo scorcio di presidenza Biden sembra voler cogliere ogni occasione per far pesare il suo ruolo. "Gli Stati Uniti sostengono la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina e così dovrebbero fare anche tutti quelli seduti a questo tavolo", ha scandito il presidente alle prime battute del G20 a Rio de Janeiro. Idem l’incontro di sabato a Lima con Xi Jinping, straordinariamente conciliante dopo le tensioni degli ultimi anni.
Per quanto riguarda i missili a lungo raggio, a microfoni spenti alcuni deputati di Capitol Hill sussurrano che difficilmente gli Atacms, con una gittata di poco superiore ai 300 chilometri, potranno cambiare il corso del conflitto. Ma rimane il simbolismo di un messaggio – oppure una zavorra, sarà la storia a dirlo – molto esplicito: il giocatore Trump punta ad intascare l’asso della pace, ma erediterà una guerra la cui posta, da oggi, è molto più alta.