Statue dell’ex presidente siriano Hafez Assad, esposte nelle piazze centrali, fatte a pezzi a martellate. Guerriglieri che sciamano nelle strade di Aleppo, seconda città della Siria, sparando in aria dai loro automezzi. Altri jihadisti ripresi nell’aeroporto di quella città, in apparenza tranquilli e ormai padroni della situazione. E poi ancora: la rappresentanza diplomatica dell’Iran attaccata da uomini armati e basi dell’esercito siriano abbandonate ai rivoltosi (una della aviazione, l’altra dell’intelligence), quasi senza resistenza. Tutto questo mentre si rincorrono voci di golpe a Damasco. L’offensiva lanciata da Hayat Tahrir al-Sham (Hts), la nuova sigla che comprende l’ex ramo siriano di al-Qaida ed altre fazioni ribelli sostenute in parte dalla Turchia, appare incontenibile e da Aleppo decine di migliaia di persone si sono date alla fuga in direzione sud, verso Hama e Damasco. Ma in due giorni le forze dei rivoltosi – partite da Idlib - hanno occupato quasi il 60% di Aleppo (due milioni di abitanti). Dopo di che si sono separate in due forze: una inviata verso Hama e l’altra, verso ovest, diretta in apparenza verso il porto strategico di Latakia. Inoltre quei combattimenti hanno innescato un altro focolaio di rivolta contro il regime di Assad a Dara, città drusa nel sud della Siria vicina al Golan. Almeno 350 i morti finora, da ambo le parti.
In Siria, con l’inizio della tregua in Libano, la terra ha cominciato a tremare anche perché adesso Hezbollah è costretto a concentrarsi nelle questioni interne e viene a mancare al presidente Bashar Assad. E ciò in un momento in cui un altro grande alleato della Siria, la Russia, è impegnata a fondo in Ucraina al punto di essere stata costretta a richiamare unità che erano dislocate in Siria. Israele segue con attenzione questi sviluppi: da un lato si felicita dell’indebolimento degli alleati sciiti di Assad (Hezbollah ed Iran), ma dall’altro teme l’avanzata delle forze jihadiste. Al termine di una consultazione tenuta da Benjamin Netanyahu è stato fatto sapere, in termini ufficiosi, che fra gli scenari possibili il preferibile resta quello di un "regime Assad indebolito, ma pur sempre in piedi". "In ogni caso – è stato aggiunto – non consentiremo all’Iran di sfruttare la situazione caotica per introdurre altri armamenti in Siria".
ITALIANI EVACUATI
Aleppo, secondo fonti della Farnesina, era ieri sotto il controllo quasi totale dei militanti Hts. Non risultano violenze a danno di civili e nulla è stato segnalato a danno dei connazionali italiani. Ma di fronte alla situazione di emergenza l’Italia ha coordinato l’evacuazione di cittadini italiani da Aleppo verso Damasco. Un primo convoglio è partito ieri, altri pullman dell’Onu sono in attesa di poter partire. Sul terreno, l’ambasciatore Stefano Ravagnan coordina le operazioni. Ha fra l’altro contattato un gruppo di religiosi, alcuni dei quali – anche il vescovo – hanno deciso di restare malgrado tutto ad Aleppo, contando sui buoni rapporti stabiliti dai francescani con tutte le comunità. Intanto in città si contano 10mila sfollati, che sono andati ad aggiungersi a quelli arrivati dal Libano nelle scorse settimane.
VOCI DI GOLPE
Intanto girano voci su "un possibile colpo di Stato" interno al regime in corso a Damasco. Lo annuncia il giornalista siriano Taisir Allouni in diretta sulla tv al Jazeera. Secondo sue fonti, Assad, volato nei giorni scorsi in Russia per chiedere aiuto al Cremlino dopo l’offensiva dei ribelli su Aleppo, sarebbe rimasto a Mosca. E l’agenzia governativa Sana non trasmette sul suo sito da almeno 24 ore. Ma Assad assicura: "Sconfiggeremo i terroristi".
TREGUA FRAGILE IN LIBANO
Arrivata al quarto giorno, la tregua fra Israele e Hamas sostanzialmente resiste, malgrado una serie di incidenti sul terreno. Al confine fra Libano e Siria l’aviazione israeliana ha colpito un veicolo militare Hezbollah. "Siamo determinati a rispondere ad ogni loro infrazione della tregua", ha ribadito l’esercito.