Giovedì 16 Gennaio 2025
RICCARDO JANNELLO
Esteri

Alberto Trentini, la madre: “Siamo angosciati, è un figlio speciale”

Il ministro Tajani sul 45enne detenuto in Venezuela: “L’Italia continuerà a chiedere a quel Paese di rispettare le leggi internazionali”. Una petizione per la liberazione su change.org

La petizione per Alberto Trentini, cittadino italiano originario di Venezia di 45 anni, fermato in Venezuela a novembre

La petizione per Alberto Trentini, cittadino italiano originario di Venezia di 45 anni, fermato in Venezuela a novembre

Caracas, 15 gennaio 2025 –  “Un ostaggio, una pedina di un gioco più grosso”. Non ci sono ancora notizie di Alberto Trentini e la famiglia è disperata e pensa al trattamento avuto da Cecilia Sala.

Il quarantacinquenne veneziano cooperante della Ong Humanity & Inclusion dal 15 novembre è in mano alle autorità venezuelane, recluso in carcere dal Controspionaggio militare con accuse che al momento non sono state formulate. Il Governo italiano, dopo la denuncia dei genitori e un’interrogazione del Pd, ha fatto i primi passi. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha convocato ieri mattina l’incaricato d’affari dell’ambasciata di Caracas a Roma per protestare “con forza per la mancanza di informazioni sulla detenzione del cittadino italiano e per contestare l’espulsione di tre nostri diplomatici”, avvenuta assieme a colleghi di Francia e Paesi Bassi (e per tutti si è mossa l’Unione Europea) con la giustificazione che Maduro vuole ridurre il personale straniero nel suo Paese.

“L’Italia – ha detto ancora il ministro - continuerà a chiedere al Venezuela di rispettare leggi internazionali e volontà democratica del suo popolo. Stiamo lavorando con discrezione e responsabilità e abbiamo chiesto tutte le garanzie attraverso il nostro Segretario generale e incaricato di affari nel Venezuela. Andiamo avanti cercando sempre e comunque di aiutare i nostri concittadini come abbiamo fatto e come stiamo facendo già da alcuni giorni”.

Trentini era con l’autista al confine con la Colombia, presso la località di Guasdualito; era arrivato in Venezuela il 17 ottobre e quasi ogni giorno comunicava ai genitori che cosa stesse facendo e la sua localizzazione, ma dal 15 novembre è calato il silenzio. “Io e mio marito – dice la madre Armanda – siamo angosciati, Alberto è un figlio speciale per tutto quello che ha fatto in questi anni aiutando gli altri. Mi diceva sempre che la più grande soddisfazione era vedere il sorriso delle persone che aiutava, come i caminantes in fuga dal Venezuela che arrivavano da loro con le scarpe sbriciolate”. E ha confermato che il figlio ha bisogno assoluto di medicine per l’ipertensione senza le quali correrebbe un grave rischio per la sua salute. Per questo la signora Armanda ha rivolto un ulteriore appello affinché l’ambasciatore a Caracas, Giovanni Umberto de Vito, possa finalmente visitare il figlio recluso, cosa che finora le autorità venezuelane hanno negato.

Attraverso l’avvocatessa Alessandra Ballerini la famiglia chiede “con forza e speranza” che l’uomo sia liberato: “La missione umanitaria che stava svolgendo deve costituire un ponte di dialogo che consenta di raggiungere il risultato del suo pronto rientro in Italia. La tradizione di familiarità tra italiani, una delle più importanti comunità nel paese sudamericano, e venezuelani impone questo segnale di pacificazione”.

Dalla Ong – fondata nel 1982 lavora soprattutto con le persone disabili - solo una breve nota: “Da quando abbiamo ricevuto la notizia dell’arresto del nostro operatore umanitario e del conducente che lo accompagnava nello Stato di Apure, a sud ovest di Caracas, ci siamo mobilitati per ottenere la loro liberazione, ma per non interferire nei procedimenti in corso non abbiamo ulteriori commenti da fare”.

Una petizione per la liberazione di Alberto è comparsa sulla piattaforma change.org lanciata da una sua amica. Trentini, laureato in storia moderna, lavora nel campo umanitario da oltre dieci anni con dedizione e molti riconoscimenti ottenuti. Prima di Humanity & Inclusion è stato in Colombia con i danesi, dove ha anche coordinato la Ong francese Solidarités International e quindi collaborato con Première Urgence Internationale; per Coopi ha lavorato in Ecuador, Perù, Libano ed Etiopia e ancora ha svolto attività di cooperante in Nepal, Bosnia-Erzegovina, Paraguay e Grecia.