Mercoledì 17 Luglio 2024
BEPPE BONI
Esteri

L’ex agente segreto italiano: “Gli ostaggi israeliani sono ancora nei tunnel”

Marco Mancini ha vissuto l’area ’rossa’ di Gaza a capo del controspionaggio: “Almeno 45 rapiti sarebbero morti, i miliziani vogliono liberare tre capi storici”

La situazione fra Palestina e Israele è sempre molto tesa

La situazione fra Palestina e Israele è sempre molto tesa

Non da turista, ma da agente segreto capo del controspionaggio, ha girato il Medio Oriente in lungo e in largo, ne ha studiato umori e cultura, ha conosciuto e neutralizzato capi delle milizie del terrore, ha disinnescato attentati insieme al suo staff, ha visto e vissuto situazioni che non sempre può raccontare. Marco Mancini, nome in codice Scotti, conosce bene cosa sta succedendo nel rogo di Gaza. Nel secondo tempo della vita professionale tiene lezioni all’università, fa l’analista di geopolitica e ha appena scritto un libro, ’Le regole del gioco’, che racconta il suo percorso dentro la notte della Repubblica, da carabiniere nel nucleo antiterrorismo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa a dirigente generale dell’intelligence.

Quanti ostaggi in mano ad Hamas sono ancora vivi?

"Secondo le mie fonti dei 136 uomini e donne rapiti, 45 hanno perso la vita tra i bombardamenti israeliani e le torture subite dai miliziani di Hamas".

Le trattative a che punto sono?

"Sono riprese ieri, nonostante le dichiarazioni di Netanyahu che confermano le operazioni militari su Rafah".

Qual è una delle richieste più pressanti di Hamas?

"È il capo supremo di Hamas, Yahya Sinwar, ancora nascosto nei tunnel, che tiene la bacchetta di regia. Una delle richieste su cui sembra irremovibile è soprattutto la liberazione, fra i 1.500 detenuti palestinesi, di tre capi storici di Hamas in carcere da vent’anni anni, simboli della lotta contro Israele".

I nomi.

"Il primo Marwan Al Baruti, già nello staff di Al Fatah, è la figura politica di maggior rilievo, il Mandela di Gaza per il popolo palestinese e per i terroristi di Hamas. Abdallah Al Baruti, conosciuto come il generale dei prigionieri, è un ingegnere specializzato in esplosivi accusato di aver contribuito ad uccidere 65 israeliani in vari attentati. È condannato con 65 ergastoli, da 10 anni vive in isolamento. Ahanad Sadat, è un organizzatore di cellule terroristiche. Sulla liberazione di questi tre Netanyahu non vuole cedere perché sarebbe considerata un vittoria politica del nemico".

Dove sono gli ostaggi?

"Ancora nei tunnel prevalentemente nel sud di Gaza e presumibilmente nei cunicoli che sconfinano in Egitto. Il numero uno di Hamas, Yahya Sinwar, nome di battaglia Abu Ibraim, gestisce direttamente gli ostaggi ritenuti più preziosi. Con lui c’è anche il numero due dell’organizzazione, Mohamed Al Deif, nome di battaglia Abu Kalid, costretto su una sedia a rotelle. Sono gli uomini più protetti".

Nella città sotterranea ci sono altri prigionieri israeliani?

"Certo, sono militari catturati negli anni scorsi e probabilmente torturati durante gli interrogatori. Due dei più importanti che risultano ancora vivi sono Avera Mangesto, 38 anni, e Hicham Al Sayed, 29 anni, funzionari dell’intelligence. Altri due potrebbero essere già stati uccisi: Aron Shaol, 31 anni e Golden Haddar, 33 anni. Sono nelle mani di Hamas dal 2015".

Chi ha costruito i tunnel?

"Sono stati costruiti e finanziati da Ismail Haniyeh, nome di battaglia Abu Al Abed, capo dell’ala politica di Hamas, che vive in Qatar. L’eserc ito di Tel Aviv ne ha distrutti il 50%. Là sotto sono asserragliati 25mila guerrieri di Hamas, mentre altri 15 mila sono già stati eliminati".

Come è organizzata la città sotterranea?

"I cunicoli sono collegati con un’urbanistica che prevede dei percorsi a zeta tutti intrecciati e collegati ad una profondità di 70/80 metri dove ci sono checkpoint protetti anche con 50 miliziani armati per volta, indicati nelle cartine geografiche con numero 5. Il numero 100 significa aree dove sono custoditi i droni, i missili, le armi leggere, il numero 50 le aree logistiche con mense, dormitori, magazzini, sale radio".

Hamas è un vero esercito?

"Perfettamente organizzato. Dispone di 12 battaglioni che portano quasi tutti i nomi del luogo di costituzione. Sono: Al Shagdia, Al Tufah, Al Sah, Til Alhawa, Gharb Yabalia, Bait Lahia, Bai Hanun, Al Sheikh Radaun, Al Zaitun, Tel Al Zaatar, Rafah, Khan Yunis. Poi c’è la forza speciale Al Nokhba, cinquemila uomini, che ha portato a termine il blitz del 7 ottobre dove sono stati uccisi 1500 israeliani".

Chi ha addestrato gli incursori col deltaplano?

"I guerriglieri di Hezbollah nel deserto egiziano".

È vero che Hamas dispone di un un ufficio propaganda?

"Ha un servizio di controspionaggio, un reparto che gestisce droni e missili e un ufficio propaganda guidato da Abu Obaida che dopo il 7 ottobre ha agito in mezzo mondo. Lo ha fatto indirettamente utilizzando simpatizzanti e agitatori che hanno mobilitato le piazze ovunque, Italia compresa, battendo nella comunicazione e nella battaglia mediatica Israele. E L’Occidente è caduto nella trappola. L’errore di Netanyahu è stato non mostrare subito la marea di immagini di cui dispone degli orrori commessi il 7 ottobre".

Come agiscono nel mondo i guerriglieri di Hezbollah legati agli iraniani?

"Da tempo hanno messo in piedi una rete spionistica. Si muovono anche in America latina. Nel novembre 2023 a San Paolo, in Brasile è stato arrestato certo Mohamed Kheir, siriano membro di Hezbollah. Reclutava uomini per organizzare attentati contro le comunità ebraiche in Nicaragua, Brasile, Colombia, Argentina".

L’Europa corre pericoli?

"Non dispongo di elementi concreti. L’Europa, Italia compresa, però deve tenere la guardia alta anche con l’intelligence dei Paesi membri perché ritengo che la rete di Hamas sia presente anche qui. La capacità di penetrazione, con l’Iran dietro le quinte è molto forte. I fanatici sono ovunque e costituiscono un pericolo da non sottovalutare".