Mercoledì 8 Gennaio 2025
Claudia Marin
Esteri

Tutti gli interessi di Musk in Italia: dall’elettricità pulita alle comunicazioni criptate

Il mercato di Tesla da noi è irrisorio (ma lo è tutto quello delle auto green). Molto più redditizi i progetti di Space X e quelli del comparto energetico

Roma, 8 gennaio 2025 – Starlink, Space X, Tesla, Powerwall, Megapack, PayPal, per non parlare, almeno in termini di notorietà e non di peso del business, di X. E, dunque, satelliti, teologie spaziali, auto, energia, transazioni finanziarie, informazione e social, Intelligenza artificiale. Se è ampio lo spettro degli affari di Elon Musk nel mondo (e l’elenco è comunque sia parziale), non lo è la da meno in Italia.

Elon Musk
Elon Musk

Nella mappa italiana vale la pena partire da quello che è già presente. E così in primo piano finisce l’auto elettrica. Ebbene, nel 2024 Tesla ha venduto nel mondo 1,78 milioni di auto elettriche: nel nostro Paese, i numeri sono limitati per l’intero comparto dei veicoli elettrici, ma i modelli più venduti sono comunque di Tesla: 7.943 Model 3 e 7.435 Model Y, primo e secondo posto in classifica, con una quota di mercato del 4,2 per cento su un totale di 65.989 vetture vendute. Il piazzamento di Tesla, dunque, è di primo piano, tanto più in vista delle prospettive di crescita dell’elettrico.

È in via di definizione anche la presenza nella Penisola del comparto energia del gruppo americano. Le teste di ponte sono Powerwall e Megapack, rivolte a famiglie e imprese, con l’obiettivo di sostenere la transizione energetica verso il Green. Il primo marchio fa riferimento a una batteria che serve per accumulare l’energia in ambito domestico: sia quella che viene dagli impianti fotovoltaici di casa sia quella che viene dalla rete elettrica tradizionale. Megapack, a sua volta, è funzionale all’accumulo massivo di energia: è più appropriata per le aziende, ma può rivelarsi utile anche per emergenze e blackout di interi quartieri. Certo è che è cominciata la campagna di assunzioni di manager e tecnici in Italia per il settore energia del colosso Usa.

Arriviamo, dunque, al comparto satellitare e delle telecomunicazioni. Due aspetti da segnalare. Il primo è che da qualche mese Starlink ha proposto sul mercato italiano di famiglie e imprese servizi di connettività che permettono di avere Internet a velocità elevata anche in aree non raggiunte dalla fibra. In secondo luogo fin dallo scorso giugno, Telespazio, una joint venture tra Leonardo e il gruppo francese Thales, ha firmato un accordo con Space X per commercializzare i servizi Starlink. E, in base all’intesa, Telespazio ha integrato Starlink nella sua rete già esistente.

Il business più ambizioso, però, è quello legato alle comunicazioni criptate e ultraveloci correlate alla difesa, alla sicurezza e alle emergenze. Space X prevede di arrivare a 34mila satelliti in orbita per collegare in banda larga tutto il globo. E, in particolare, punta su quelli di nuova generazione, posizionati nell’orbita bassa, quella compresa fra 200 e duemila chilometri dalla terra, con il vantaggio di ridurre drasticamente i tempi di percorrenza dei segnali. Quando l’operazione sarà completata Musk avrà il controllo, insieme con il Pentagono, della più estesa ed efficiente rete di comunicazione del mondo. Nata per scopi commerciali, la costellazione Starlink è stata sperimentata fin dal 2019 anche per l’eventuale utilizzo per comunicazioni in ambito militare e dal 2022 esiste una sua versione militare, ben distinta da quella commerciale e chiamata Starshield, al servizio di agenzie governative e della Difesa. Ed è questa la rete che Musk vuole vendere per 1,5 miliardi al governo italiano.

Il punto è che l’Europa, a sua volta, è al lavoro sulla costellazione Iris², acronimo di Infrastructure for Resilience, Interconnectivity and Security by Satellite, che ha in Italia uno dei suoi centri di controllo. Il che non implica una diretta concorrenza tra le due soluzioni, come sostengono a Bruxelles: anche perché la prima, quella di Musk, esiste, mentre l’altra è di là da venire: sarà pronta solo nel 2030 e costerà 8,5 miliardi in più di quella americana. Ma, come è evidente, in gioco non vi sono solo interessi economici.