Baltimora, 19 novembre 2021 - Tanto tuonò che alla fine non piovve. A dispetto di quello che si poteva pensare alla vigilia dell’assise, l’ultima assemblea dei vescovi degli Stati Uniti ha deciso di non negare la comunione ai politici cattolici pro choice. In altre parole, il presidente degli Usa, Joe Biden, e la speaker della Camera dei deputati, Nancy Pelosi, entrambi democratici e sostenitori della legge che depenalizza l'aborto, potranno continuare a ricevere l'Eucarestia. Fatto salvo che un singolo vescovo non si metta di traverso, come capitò proprio all'inquilino della Casa Bianca, un paio di anni fa, all'interno di una chiesa della Carolina del Sud.
In un documento approvato a Baltimora (222 sì, otto no e tre astensioni), durante quella che è stata la prima plenaria in presenza da due anni a questa parte, l'episcopato americano si è limitato a mettere in guardia quei cattolici che, rivestendo ruoli di autorità, “hanno una responsabilità speciale“ nel seguire la dottrina della Chiesa. Un magistero che, come esplicitato da papa Francesco in recenti interventi – contestati anche all’interno della stessa comunità ecclesiale –, definisce l’interruzione di gravidanza alla stregua di un omicidio. Nel testo si sottolinea come coloro che ricevono la Comunione, pur avendo ripudiato nella loro vita pubblica gli insegnamenti della Chiesa, “creano scandalo e indeboliscono la determinazione degli altri cattolici nell’essere fedeli all’esigenze del Vangelo“. Ma, a parte questa tirata d'orecchie, non si compie nessun passo in vista di un'esclusione generalizzata dai sacramenti per i politici abortisti, sempre che questa definizione abbia un senso: Biden, per esempio, ha dichiarato di essere in coscienza contrario all'interruzione di gravidanza, ma di non voler imporre il suo punto di vista in una società pluralista.
Piuttosto il documento di Baltimora lascia alla potestà del singolo vescovo diocesano “il compito speciale di porre rimedio a situazioni che comportano azioni pubbliche di contrasto con la comunione visibile della Chiesa e la legge morale“. Che cosa significhi tutto questo (nel concreto) è rimesso alla libera interpretazione dei presuli. Il passaggio è volutamente ambiguo, segno dello sforzo di scongiurare ulteriori contrapposizioni in seno all'assemblea tra chi, vedesi l'ordinario di San Diego, Robert McElroy, ha manifestato il timore che l’Eucarestia possa diventare “un’arma per battaglie politiche“, e chi, in primis Samuel Joseph Aquila di Denver, ha invocato fino all'ultimo un atteggiamento più restrittivo.
La possibilità che potesse perfezionarsi una stretta eucaristica ai danni dei pro-choice era trapelata durante l’assemblea dell’episcopato Usa di giugno. Allora i vescovi avevano approvato, con una larga maggioranza (superiore ai due terzi dei presenti), una risoluzione per la stesura di un documento duro e puro. Quindi, a fronte degli sforzi del Papa, che, nonostante adotti espressioni forti per stigmatizzare l’interruzione di gravidanza, non ne vuole sapere di ridurre i sacramenti a munizioni per battaglie partitiche, l’episcopato era tornato sui suoi passi. A fine ottobre l'udienza concessa a Biden dal Pontefice, seguita dal controverso annuncio urbi et orbi del primo sul permesso accordatogli da Bergoglio di ricevere l'ostia, sembrava aver messo definitivamente una pietra tombale sulla questione. Mai dire mai, considerando che i network americani più conservatori avevano lasciato intendere che la bozza del documento sulla coerenza morale dei politici cattolici avrebbe potuto essere rivista fino all'ultimo istante. Non è andata così, sarebbe stato uno scontro frontale con il Vaticano. E' pravalsa piuttosto la linea della prudenza. Almeno per ora: la Chiesa degli Stati Uniti, anche se dibattuta al suo interno, è la più schierata al mondo sul fronte delle battaglie culturali in nome di Dio. Oggi l’aborto, domani il gender o chi lo sa.