Domenica 12 Gennaio 2025
MARIO BENEDETTO
Esteri

Liberato Abedini, adesso che succede? “Tre Stati contenti in un colpo, ma Trump ha un credito con noi”

Lo storico Alegi: “Gli Usa hanno interesse a calmare le acque, ma la tensione con l’Iran è alta. Va spiegato perché l’ingegnere iraniano era in Italia”

Cecilia Sala accolta dalla premier Giorgia Meloni. A sinistra, il docente Gregory Alegi

Cecilia Sala accolta dalla premier Giorgia Meloni. A sinistra, il docente Gregory Alegi

Roma, 13 gennaio 2025 - Professor Gregory Alegi, in termini diplomatici che significato ha la liberazione di Abedini? 

“La pronuncia della Corte d’appello sui domiciliari – risponde lo storico militare e docente di Storia delle Americhe alla Luiss – è stata preceduta dall’istanza depositata dal ministro, azione che ha avuto il merito di risolvere a livello politico una decisione difficile a livello giuridico, evitando anche si potesse generare un precedente. Il tutto comprensibile alla luce dell’interesse nazionale in ballo”.

Il professore Gregory Alegi
Il professore Gregory Alegi

Possiamo definire la decisione una mossa a sorpresa?

“È una decisione piuttosto coerente come conseguenza della visita-lampo del premier Meloni al presidente eletto Trump. I termini del negoziato saranno stati ampiamente condivisi ed è bene che una serie di aspetti rimangano riservati per la buona riuscita delle attività diplomatiche. Comunque credo nessuno si aspettasse la decisione del ministro in tempi così rapidi”.

Gli Stati Uniti non si sono pronunciati, non hanno formalmente ritirato il mandato di cattura internazionale. L’ingegnere iraniano può tornare in patria, ma qualsiasi Paese dovesse mai raggiungere avrebbe l’obbligo di rispettare il mandato. Immagino non siano queste le sue intenzioni.

“Restano aspetti da chiarire? Prima di tutto il viaggio di Abedini in Italia. Non ne sono ancora noti i motivi, considerato proprio il mandato di cattura degli Usa che ha portato al suo arresto, basato su violazioni rilevate direttamente dagli americani per attività che riguardano la loro sicurezza nazionale rispetto alla relazione con l’Iran”.

Cosa può aver comportato questo negoziato per Abedini e l’Iran?

“Leggendo l’atto di accusa, buona parte dell’organizzazione di Abedini era negli Stati Uniti. Dunque direi che gli americani considerano un buon risultato lo smantellamento dell’organizzazione dell’ingegnere sul loro suolo, del quale credo si accontentino anche per non mettere in difficoltà lo storico alleato italiano”.

Possiamo aspettarci delle reazioni da parte degli Stati Uniti?

“Gli Usa non hanno fatto dichiarazioni pubbliche. Se qualcosa verrà ulteriormente discusso ritengo continuerà a esser fatto al riparo dal dibattito pubblico. Ci troviamo in una fase di transizione tra gli l’amministrazione Biden e l’insediamento di Trump. Per qualche tempo saremo anche senza ambasciatore considerato che, nel rispetto della convenzione americana, l’attuale diplomatico presenterà formali dimissioni al momento dell’insediamento della nuova presidenza. Sicuramente gli Usa ci hanno fatto un favore importante del quale potranno tener conto nello sviluppo delle nostre relazioni, che restano solide. La nostra volontà di negoziare va ben gestita considerato che, in casi di richieste politiche e non economiche come quella in questione, può portare al risultato e fare interpretare come vulnerabilità una disponibilità diplomatica”.

Tra Stati Uniti e Iran quali equilibri futuri e con che ripercussioni?

“Il rapporto era già abbastanza segnato. Gli americani potrebbero anche non rinunciare a perseguire Abedini, anche se bisogna tener conto di negoziati che hanno portato allo scenario attuale. Abedini è un pesce medio, può essere snodo di azioni di più ampio respiro, tenendo presente che l’Iran resta uno dei primi punti dell’agenda Trump. A partire dal rapporto con Israele, proprio in chiave anti iraniana. Trump ha sempre accusato i democratici di essere troppo morbidi con l’Iran, questo lascia immaginare quale sarà il nuovo corso”.