Martedì 14 Gennaio 2025
MARIO BENEDETTO
Esteri

Il caso Abedini e l’Iran. “Insensato aspettare. Ora negoziati sul nucleare”

L’ambasciatore Castellaneta: l’Occidente è in una posizione favorevole. Ancora in Italia i dispositivi sequestrati all’ingegnere, possibile una rogatoria Usa

Milano, 14 gennaio 2025 – Sono ancora custoditi in una cassaforte della Procura di Milano tutti i dispositivi, tra cui smartphone, tablet, chiavette usb e schede tecniche, sequestrati lo scorso 16 dicembre al momento dell’arresto richiesto dagli Usa di Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere iraniano liberato su decisione del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Uscito domenica dal carcere di Opera a metà mattina, il 38enne, che formalmente risultava essere in Tribunale, sarebbe stato imbarcato su un volo speciale dell’Aise diretto in Iran. È “contento, ovviamente”, ha riferito via WhatsApp l’avvocato Alfredo De Francesco.

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Mohammad Abedini Najafabad, il cittadino iraniano di 38 anni fermato il 16 dicembre a Malpensa (Ansa)

Quanto al materiale custodito al quarto piano del palazzo di Giustizia ancora ieri il difensore non aveva presentato istanza di dissequestro al procuratore Marcello Viola il quale, nell’immediatezza dell’arresto, ha aperto un fascicolo senza ipotesi di reato nè indagati. Si tratterebbe di supporti informatici che Abedini aveva in un trolley e con informazioni molto interessanti per gli Stati Uniti. Per questo non è escluso possa essere consegnato, in copia, via rogatoria anche se al momento una richiesta di assistenza giudiziale, che deve passare attraverso il ministero, non risulta ancora depositata.

Ambasciatore Giovanni Castellaneta come leggere la decisione del ministro Nordio, che ha liberato l’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, in chiave diplomatica anche in relazione ai tempi d’azione?

"Credo non avrebbe avuto utilità attendere. Lo studio delle carte ha portato a giungere a quelle conclusioni. Il reato non era perseguibile dunque è stato giusto procedere con l’istanza per la revoca degli arresti. Comunque in questi casi il governo può decidere in virtù della ragione di Stato. Dunque la vicenda si sarebbe conclusa esattamente nei termini in cui si è conclusa nelle scorse ore, non avrebbe avuto senso attendere”.

Come considera l’incrocio della vicenda di Abedini con l’arresto della nostra connazionale Cecilia Sala?

“Diciamo sono due destini che si sono fatalmente incrociati. Non possiamo parlare né di ostaggi né di riscatti”.

In questi casi come può essere interpretata la disponibilità di un Paese a negoziare?

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Giovanni Castellaneta (Imagoeconomica)

“È una questione delicata. Partendo da vicende nazionali, come il caso Moro, sino a casi più recenti il comportamento da tenere è da valutare di volta in volta. Quello che posso sostenere è che l’incolumità dei nostri concittadini va tutelata in ogni parte del mondo. In questo noi italiani, come gli Stati Uniti, storicamente ci contraddistinguiamo per la tutela efficace dei nostri connazionali. Ci sono precedenti in zone del mondo sensibili, dal continente africano all’Iraq, che dimostrano come sia l’Italia sia gli Stati Uniti vantino il maggior numero di successi nel riportare a casa i loro cittadini. Proprio come in questo caso, in cui abbiamo dimostrato un valido lavoro sinergico tra governo, diplomazia e servizi d’intelligence”.

Lei è stato ambasciatore italiano in Iran tra 1992 e 1995. La vicenda avrà ripercussioni sul ruolo internazionale del Paese?

“L’attenzione nei confronti dell’Iran era già alta. In particolare era in corso il negoziato sul nucleare, che vede in prima linea gli Stati Uniti, per evitare che l’Iran passasse alla fase di arricchimento dell’uranio per la fabbricazione dell’ordigno nucleare. Come Italia credo sia giusto continuare a sostenere un negoziato con gli iraniani per scongiurare il rischio nucleare. Sarebbe un fatto grave in sé e che alimenterebbe una corsa generale agli armamenti, dalla Turchia all’Arabia Saudita per citare alcuni casi”.

Quale atteggiamento sarebbe opportuno adottare concretamente sul piano diplomatico?

“Premetto che le sanzioni hanno colpito duramente l’economia iraniana, la popolazione soffre. Vedremo l’atteggiamento degli americani, anche se sappiamo già che l’Iran è in cima all’agenda Trump. In questo momento storico potremmo avere come Italia e come Occidente una posizione più favorevole per negoziare, a partire dall’attacco terroristico di Hamas ad Israele e dalle sue conseguenze”.

Va ricordata anche la situazione interna dell’Iran, piuttosto diviso e instabile.

“Si questo è importante, l’Iran non è un unico blocco. Le sfaccettature del potere sono diverse. Nel periodo in cui sono stato lì come ambasciatore, Khamenei era già guida spirituale del Paese, un ruolo determinante che si relaziona al presidente della Repubblica, il quale di fatto è una sorta di presidente del Consiglio. In quel periodo nel Paese era in corso un grande dibattito su come portare avanti la rivoluzione iraniana, era molto diffuso l’apprezzamento del modello cinese”.

I Paesi islamici si contraddistinguono regolarmente per la presenza di fazioni più estremiste ed altre cosiddette moderate che si contendono il potere, è così? Anche nel caso dell’Iran di oggi?

“Sì e il caso dell’Iran è particolare perché esiste questa divisione, ma dirò di più: il Paese, da nord a sud, è attraversato da numerose differenze etniche, religiose e linguistiche. Un fattore che è necessario tenere in debita considerazione nel relazionarsi con l’Iran sì come Paese, ma soprattutto come insieme di correnti di pensiero e fazioni che lo compongono”.