Roma, 25 settembre 2022 - Niente doppia cifra. Questo almeno appare certo. Azione si blocca ai margini della soglia sperata. Esattamente quanto lontano lo si saprà stamattina, a scrutinio concluso. Gli exit poll riservati, che precedono i primi ufficiali alle 23.01, anticipano una forchetta tra il 6,5 e l’8,5%. E anche il primo dato utile, trepidamente atteso, oscilla a cavallo di questi valori, sufficientemente lontano da quel 4-5% che scuoterebbe dalle fondamenta la scommessa liberal-riformista di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Azione ha un suo pubblico, un suo sentiero, largo come Forza Italia ma ancora troppo stretto per guardare a orizzonte più vasti, di centralità sociale oltre che parlamentare. Niente commenti dal composito stato maggiore. La notte è lunga e gli unici umori in circolazione restano quelli dei leader al momento del voto.
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La sincerità di Calenda, una volta depositate le schede nel suo seggio romano, svela la stanchezza di chi non ha più una stillla di energia dopo una campagna elettorale ventre a terra. Come tutti, certo, ma forse con qualche difficoltà in più, dopo lo strappo in corsa dal Pd lettiano – con conseguente necessità di spiegare il ribaltone – e le nozze acrobatiche con Italia Viva, destinazione Terzo polo, immediatamente attrattivo anche per quella parte di centrodestra orfana di Mario Draghi. Una domenica infinita. "Come volete che la passi? Angosciato... no scherzo. Starò con mia moglie Violante e i miei figli", sorride l’ex manager poi ministro dello Sviluppo economico. Il futuro è sfidante e già bussa alla porta. "L’Italia è sempre più forte di chi la vuole debole", continua da neo leader al debutto con l’idea di una politica seria, iperconnessa alle competenze. Una politica capace di riallacciare il rapporto con la comunità, perché, «come diceva Pericle “un cittadino che non si occupa dello Stato noi non lo consideriamo innocuo ma inutile“», recita invitando tutti alle urne. Trecento chilometri più a nord, Matteo Renzi vota a Firenze nello stesso seggio del sindaco Dario Nardella con il quale in campagna elettorale non sono mancate reciproche punzecchiature. "La democrazia si alimenta con l’impegno di tutti. Viva la Repubblica, viva l’Italia #25settembre", afferma prima di partire per il Giappone dove oggi parteciperà ai funerali del premier Shinzo Abe, nel segno di una proiezione internazionale attivamente coltivata anche dopo l’esperienza da premier. Una trasferta cronologicamente ben studiata, secondo i detrattori. "Non scherziamo", fanno sapere dal suo inner circle.
Se son rose fioriranno
"Azione non è un cartello elettorale", giurano i protagonisti. Come certificato dallo stesso Renzi, venerdì scorso al Gianicolo, durante il comizio di chiusura della campagna elettorale, il progetto attivato con Carlo Calenda – con momentaneo sacrificio dei rispettivi ego – ha valenza di lungo periodo, e con le insegne di Renew Europe (e la sponda macroniana in Francia) si spinge come minimo al 2024. Obiettivo: "Stare in Parlamento da protagonisti e poi portare nel 2024 Renew Europe non solo a essere il primo partito in Europa ma anche in Italia, troveremo le forme", è la promessa dell’ex premier con allusione, neppure tanto velata, alle scomposizioni e ricomposizioni che il voto di ieri potrebbe generare. Gli exit poll della notte indicano un percorso a gradoni senza balzi immediati. Ma il traguardo – è il ragionamento di Renzi condiviso da Calenda – non è impossibile: "Ci sta che dal 6, 7 o 8% si possa arrivare al 20-25% come hanno fatto Meloni, Salvini, e i Cinque stelle. Pensiamo di essere i leader italiani di un progetto europeo". Intanto, bisognerà valutare questi primi risultati. E capire cosa sia mancato.