Roma, 15 settembre 2022 - "Gli italiani, di fronte a una scelta decisiva, hanno il diritto di sapere prima del voto se ci sono forze politiche che hanno ricevuto soldi da Putin e, insomma, se qualcuno dei partiti che si sta candidando a guidare il Paese ha avuto finanziamenti dalla Russia". Roberto Speranza, ministro della Salute e leader di Articolo Uno, candidato a Napoli nella lista Pd-Italia democratica e progressista, non usa mai toni alti e, dunque, se lancia un avvertimento così forte è perché siamo di fronte a un tornante delicato della storia del Paese.
"Le elezioni del 25 settembre – incalza – sono un vero referendum tra due idee dell’Italia: la nostra, di un Paese coeso e solidale, integrato in Europa, che vuole difendere la dignità del lavoro, sostenere gli investimenti nella scuola e nella sanità pubblica, che vuole estendere i diritti. E quella delle destre, alleate di Orban e Le Pen contro l’integrazione europea, o a favore della tassa piatta con la quale ci guadagna chi sta meglio, mentre viene lasciato senza welfare e senza aiuti chi vive in maggiore difficoltà".
Quanto è fondato l’allarme per l’ingerenza russa, anche finanziaria, sulla politica italiana? "Penso che le notizie che stanno emergendo siano molto preoccupanti e credo sia indispensabile sapere prima delle elezioni se le relazioni che abbiamo visto coltivare in questi anni da alcune forze politiche abbiano anche un risvolto finanziario".
È un rischio reale, ma a dieci giorni dal voto c’è anche il pericolo di una cortina fumogena fatta di informazioni contraddittorie e secretate. "Noi chiediamo che su queste vicende vengano meno zone di ombra e di ambiguità. Il Copasir sta lavorando e l’auspicio è che si faccia chiarezza nel più breve tempo possibile. Non si può arrivare al voto con elementi di incertezza. Non c’è segreto che tenga rispetto a questo caso. Non possiamo non sapere se e come una potenza straniera stia provando a influenzare il nostro processo democratico, in un momento così decisivo".
Qual è la posta in gioco? "Il futuro dell’Italia. Penso che il Paese debba e possa scegliere tra due opzioni radicalmente differenti. Tra due idee dell’Italia contrapposte".
Quali rischi si correrebbero con Giorgia Meloni premier? "La coalizione della destra porterà il Paese a sbattere e lo isolerà a livello europeo e internazionale. Cercano il consenso, spesso dei ceti sociali in difficoltà, mentre promuovono politiche che favoriranno solo chi sta meglio. Basti pensare che la loro principale proposta di politica economica è la tassa piatta che fa pagare la stessa aliquota a un miliardario e a un insegnante, un infermiere o un rider. Così come penso alla loro costante negazione dell’emergenza climatica che è entrata nelle nostre case e che ha provocato, questa estate, la sofferenza dei nostri anziani".
Qual è, invece, la vostra idea dell’Italia? "È quella dell’Italia del lavoro, della solidarietà e dell’inclusione, del sostegno ai ceti sociali più deboli in un’ottica in cui il Paese cresce di più se nessuno viene lasciato indietro. Noi siano quelli della difesa della sanità pubblica e del rilancio del Servizio sanitario nazionale, con investimenti che non dovranno mai scendere sotto il 7 per cento nel rapporto spesa/Pil, con lo stop al tetto della spesa per il personale. Siamo quelli che non vogliono la precarietà del lavoro, con contratti inaccettabili di pochi giorni. Siamo quelli che vogliono difendere la 194 sull’aborto contro una destra che la mette in discussione".
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Ritiene che la partita sia ancora aperta? "La partita è davvero aperta e il clima sta cambiando in questi giorni. Il Paese è di fronte a una scelta netta e io sono ottimista. Penso che ci sia uno spazio enorme di recupero da parte nostra. E questo sta avvenendo: ci sono segnali che vanno in questa direzione. Larga parte delle persone, quasi un italiano su due, non ha deciso per chi votare o non vuole andare a votare. Possiamo convincere queste persone. Votare per noi significa fare l’interesse dell’Italia e mettere in sicurezza il Paese. Insomma, dobbiamo dire chi siamo e, se lo faremo, sono convinto che gli italiani capiranno le differenze".
Eppure, la divisione dell’area di centrosinistra, con la concorrenza di Calenda e Renzi e di Conte, è un’ipoteca non secondaria sul risultato: ha ragione Letta nell’appello sul voto utile? "Letta sottolinea un dato di fatto. Questa pessima legge elettorale, contro cui mi sono battuto, assegna il 37 per cento dei seggi a chi prende un voto in più nel collegio uninominale. È evidente che questo voto lo può prendere molto più facilmente una coalizione che una lista. Nei collegi o vincono i candidati di Meloni e Salvini o vince il centro-sinistra".
Non ha rimpianti, come invece sembra averne Pierluigi Bersani, per la mancata alleanza con i grillini? "Come Bersani ho sempre lavorato per il campo largo, ma credo che Grillo e Conte abbiano ritenuto che, dopo quattro anni e mezzo in cui hanno avuto la primaria responsabilità di governo, correre da soli poteva dare al Movimento maggiore freschezza, facendo passare in secondo piano la fondamentale responsabilità di governo che hanno avuto. Dopodiché ripeto: per me l’avversario è la destra. Però oggi l’unica alternativa a questa destra è il centro-sinistra".