Roma, 25 ottobre 2022 - "Rivedere in senso meritocratico e professionalizzante il percorso scolastico". L’indicazione presente nel programma di Fratelli d’Italia si è, per ora, materializzata in una ‘M’, quella di merito, introdotta nel nuovo nome dato al ministero dell’Istruzione. Un’aggiunta dal significato ancora incerto, ma sulla quale il dibattito è già aperto.
Lo storico della pedagogia: "Alla scuola serve rigore. Non basta cambiare nome"
"Aver coniugato Istruzione e merito è un messaggio politico chiaro", ha detto il neo ministro Giuseppe Valditara. Significa "che vale per quel che sei, non per il portafogli", ha spiegato ieri sera a Porta a Porta, il ministro per i rapporti col Parlamento, Luca Ciriani. Dal nuovo esecutivo nessuna indicazione più specifica su come (e se) tutto ciò verrà tradotto in realtà.
La voce più critica sulla questione è quella del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini che ha definito l’introduzione della parola ‘merito’ "uno schiaffo in faccia a tutti quelli che possono avere tantissimi meriti, ma che partono da una condizione di diseguaglianza assoluta che non gli permette di utilizzare al meglio il loro merito". Sulla stessa linea le organizzazioni studentesche che si sono subito scagliate contro il nuovo ‘indirizzo’. "Il merito è un concetto da rifiutare. La scuola deve accogliere e includere, non selezionare in base a criteri senza sostanza. Il merito è il contrario di una scuola pubblica e democratica", dicono la Rete degli studenti e l’Unione degli studenti, che annunciano una mobilitazione in piazza per il 18 novembre.
A parte alcune eccezioni il messaggio che il mondo della scuola, dalla Cisl all’Anp, lancia al governo è, tuttavia, unanime: la bussola del cambiamento deve essere l’articolo 34 della Costituzione: "I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso".
Il concetto del merito "lo prevede la Costituzione all’articolo 34 e da qua dobbiamo partire – spiega il presidente dell’Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola, Antonello Giannelli –. Se per merito facciamo riferimento all’impegno di uno studente è chiaro, quasi lapalissiano, che vada stimolato e valorizzato. Il problema delicato è che il rendimento scolastico degli studenti dipende significativamente dalle condizioni della famiglia di provenienza. Chi proviene da una famiglia benestante e colta è sicuramente agevolato. Come diceva Don Milani ‘fare parti uguali tra chi è disuguale è molto iniquo’. Da questo punto di vista bisogna, quindi, stare molto attenti: non bisogna mettere il voto alla condizione socio-economico-culturale della famiglia, ma all’impegno dell’alunno. La scuola selettiva produce dispersione e in Italia la dispersione scolastica è già altissima, non ce la possiamo permettere. Dobbiamo, da un lato, fare in modo di tenere tutti a bordo e dall’altro fare in modo che gli studenti apprendano il più possibile. Ma bisogna trovare il giusto modo: la valutazione dei risultati, se non fatta bene, può essere molto iniqua".
Il tema del merito nella scuola non è nuovo a polemiche. Pochi mesi fa la figura del ‘docente esperto’ introdotta dal governo Draghi, oltre a sinistra e sindacati, ha fatto insorgere anche la Lega. Al centro delle critiche era finito, anni prima, anche il ‘pacchetto merito’ indirizzato agli studenti proposto dall’ex ministro Francesco Profumo.
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