Roma, 14 settembre 2022 - Il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, di sicuro. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, forse (si sta muovendo molto, e in proprio). E, new entry, Enzo Amendola, oggi sottosegretario agli Affari Ue nel governo Draghi. Più, forse, un sindaco del Sud: Antonio Decaro, primo cittadino di Bari, nonché presidente dell’Anci, che però si accontenterebbe di succedere, in Puglia, al lungo regno di Emiliano. Più un sindaco del Centro. Sono già ben cinque i candidati al dopo-Letta. Sempre che, ovviamente, dopo il voto e una dura sconfitta, Letta molli e si dimetta per aprire la via al congresso anticipato, con relative primarie.
Letta è uno pugnace, combatterà fino all’ultimo – e giustamente – contro chi ne tesse già l’elogio (funebre), a prescindere dal risultato elettorale del Pd. Inoltre, Letta avrà una pattuglia parlamentare compatta, perché scelta quasi tutta da lui, e un prestigio personale intatto, ancora da spendere.
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Ma proprio i tempi sono tutto dentro il Pd. Se Letta si dimettesse subito – cosa che i suoi (finti) sostenitori di oggi (Franceschini, Orlando, eccetera) non vogliono affatto – Bonaccini avrebbe davanti a sé un’autostrada. È pronto a candidarsi, e da mesi. Gli altri no. Se, invece, Letta aspettasse un po’ (diversi mesi, diciamo fino a metà del 2023), il fronte degli anti-Bonaccini può riorganizzarsi e costruire una candidatura alternativa a Bonaccini. Certo è che, in caso di dimissioni di Letta – o immediate (difficile) o post-datate (probabile) – i candidati che scaldano i motori sono già cinque. Rigidamente fermi ai box fino al 25 settembre, i piloti che vogliono cimentarsi nel Gran Premio del congresso anticipato (un missile a tre stadi: voto tra gli iscritti, primarie, voto in Assemblea): hanno caratteristiche e tempistiche assai diverse. Uno è scoperto (Bonaccini), uno è più coperto (Nardella), il terzo non sa di esserlo (Amendola), il quarto (Decaro) e il quinto hanno zero chanche.
I big dem sembra che puntino tutti su Amendola. Franceschini, soprattutto, ma anche l’ala sinistra: Orlando, Zingaretti, Cuperlo, Bettini, il Psi, Art 1. "È il solo che ci unisce tutti e che può fermare Bonaccini e impedire che il nostro Pd diventi una succursale di Italia Viva di Renzi, che vuole rientrare per colonizzarci" dicono, assai spaventati, i big dem. "Provenzano (candidato in pectore della sinistra, ndr ) perderebbe di brutto, contro Bonaccini, che ha l’appoggio di Base riformista", è il refrain dei big – e, "volente o nolente, dovrà stare su Enzo".
Solo che Enzo è all’oscuro delle tante manovre altrui. Impegnato a vincere la gara di capolista in Basilicata, dove lo ha paracadutato Letta che, all’atto di formare le liste, lo aveva messo in una posizione di fatto ineleggibile in Campania e che lo ha recuperato causa le forti pressioni subite e grazie la rinuncia del giovane lucano La Regina. Amendola la campagna elettorale se la fa da solo, non ha uno staff, corre a perdifiato da un paesino all’altro e proprio "non ci pensa", dice chi lo conosce. Ma i big sono in pressing: "Sarebbe il primo segretario meridionale del Pd, ma è l’unico digeribile al Nord, ha solidi rapporti con il Pse e la Ue, con il Colle, conosce tutti…". Se è per questo, Amendola ha molte altre qualità: cultura raffinata, savoir faire, viene dalla Fgci-Sg e poi dal Pds-Ds. Insomma, è un uomo di sinistra. Ora, non resta che convincerlo, a Enzo. Oltre che ritardare l’addio di Letta, ad oggi affatto scontato.