Mercoledì 13 Novembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Elezioni

Meloni e Berlusconi, pace fatta. "Saliremo insieme al Quirinale"

Vertice in via della Scrofa: il Cavaliere arriva col volto teso, lei lo accoglie con cordialità. Fumata bianca dopo le tensioni degli ultimi giorni. Sui ministri passa la linea della leader di FdI

Silvio Berlusconi, 86 anni, e Giorgia Meloni, 45, dopo il vertice di ieri

Silvio Berlusconi, 86 anni, e Giorgia Meloni, 45, dopo il vertice di ieri

È uno di quegli incontri che non prevedono la possibilità di fallimento. Se ci fosse stato anche un minimo dubbio, l’appuntamento sarebbe stato rinviato. Quando Berlusconi arriva in auto in via della Scrofa, ha il volto teso di chi ce la mette tutta per gettarsi alle spalle tensioni, umiliazioni e offese: "Scusa il ritardo". L’ospite lo accoglie in cortile, più che affabile ("Mi sono data del tempo: non preoccuparti"), pronta a riconoscergli quel ruolo di padre nobile, ovvero quel rispetto che per Silvio è determinante. La situazione è chiara, e se non lo fosse ci penserebbe proprio il Cavaliere a definirla: "Ne devo uscire bene io e ne devi uscire bene tu", dice alla premier in pectore. L’ostacolo principale era già stato sgombrato nel weekend di trattative: i duri di Forza Italia hanno provato a mettersi in mezzo fino all’ultimo, ma la carica dei figli e degli intimi, di Pier Silvio e Marina, di Letta e Confalonieri, era irrefrenabile. Nessun dubbio sul fatto che la delegazione del centrodestra alle consultazioni sarà una e una sola. Resta da definire il nome dei ministeri.

I nomi dei ministri: Nordio alla Giustizia. Tajani e Salvini i due vicepremier

La leader di FdI apre con una concessione: cinque ne voleva Berlusconi e cinque saranno. Non quelli a cui aspirava lui, però, e per due motivi precisi. Il primo è che Giorgia ci tiene a fare della lista dei ministri un biglietto da visita gradito, meglio ancora se graditissimo, a Sergio Mattarella. Non ci deve essere nessun appiglio tra nomi e caselle tale da fargli storcere il naso. Impossibile quindi affidare la Giustizia a un azzurro, figurarsi se avvocato di Berlusconi, ma sono off limits anche il Mise con la delega delle Telecomunicazioni e il sottosegretario che si occuperà dell’Editoria. I giochi non sono del tutto chiusi per il Cavaliere, il quale punta ancora sulla Giustizia, che la leader tricolore intende affidare a Nordio. Sarà questo probabilmente l’ultimo scoglio di qui alla presentazione della lista al Quirinale in tempi rapidissimi, ovvero 48 ore dopo il conferimento dell’incarico previsto il 21 sera. Per compensare quella perdita, Silvio vorrebbe un sesto dicastero.

L’elenco di Giorgia, che esclude tassativamente via Arenula, prevede: Tajani vice premier e ministro degli Esteri, Casellati alle Riforme (ma Salvini lo rivendica per Calderoli), Pichetto Fratin alla Transizione ecologica, Bernini all’Università, Cattaneo alla Pubblica amministrazione.

Il problema non è solo il capo dello Stato: c’è un altro motivo, forse anche più profondo, che impone il pollice verso per i ministeri reclamati da Arcore. La presidente di FdI vuole che il suo governo rappresenti anche plasticamente una rottura con il passato, e per passato non si tendono solo i governi bizzarri degli ultimi dieci anni ma anche quelli presieduti da Silvio Berlusconi. Insomma, la sfida di questi giorni non è stata solo quella tra la leader del partito di maggioranza e un alleato, ma una partita che aveva per posta in gioco il superamento totale del berlusconismo. Proprio per questo è inevitabile nutrire qualche dubbio su quanto sincera sia la disponibilità mostrata ieri da Berlusconi. I rapporti di forza e le pressioni di azienda e famiglia ora non gli permettevano di battere altra strada, ma in futuro le cose potrebbero essere diverse. Il governo partirà presto con brindisi e festeggiamenti ma sul seguito nessuno può mettere la mano sul fuoco.