La palla, la penna, e ora la politica: così si può riassumere la vita di Mauro Berruto, già commissario tecnico della nazionale di pallavolo maschile italiana, poi direttore tecnico della nazionale italiana di tiro con l’arco, è stato anche amministratore delegato della Scuola Holden di Torino, e oggi è candidato alla Camera dei Deputati con il partito Democratico come capolista a Torino. Negli ultimi anni ha girato stadi, teatri e scuole per promuovere concetti di team building e trasformazione nelle aziende. Oggi girerà i comuni dell’Area Metropolitana di Torino. In quali discipline si deve allenare un candidato e in quali si sta allenando lei? “Un triathlon o un decathlon sarebbero ideali: discipline di resistenza. La riduzione del numero dei parlamentari ha determinato un aumento della dimensione dei collegi importante. Ho un collegio di 289 comuni, tutta la provincia di Torino. Neanche se fossi Mandrake riuscirei a essere presente in tutto questo territorio in campagna elettorale. È un esercizio di resistenza e di ascolto“. Il suo percorso inizia dallo sport, arriva al mondo corporate e al giornalismo. Cosa la motiva a entrare in politica? “Penso che questa tornata elettorale sia una di quelle dove bisogna definire e dichiarare da che parte si sta. Fare politica significa prendersi cura del pezzo di mondo dove sei nato e restituirlo meglio di come lo hai trovato. Io sento di aver fatto politica interpretando anche altri mestieri, per me è arrivato il momento di tirarmi su le maniche in maniera ancora più esplicita rispetto ad un impegno maggiore“. Perché con il Pd? “In passato, non mi sono mai nascosto, ho sempre dichiarato le mie idee e da circa un anno lavoro alla segreteria nazionale del Partito Democratico. Questo è un momento al quale ciascuno deve rispondere come si sente. Ciascuno deve decidere da che parte stare, io voglio deciderlo anche con un impegno politico esplicito“. Lei si occupa anche di storytelling. Cosa manca alla comunicazione della politica italiana e cosa porterà lei? “Storytelling significa ’raccontare storie’. Le storie sono lo strumento privilegiato che ogni essere umano ha per diffondere contenuti utili, integrati nelle storie. Anche testi come l’Iliade o l’Odissea avevano questa funzione. Sono sicuro che vincerà chi promuoverà contenuti veri, basati su dati. Faccio un esempio: la flat tax è comunicata con dati che non tornano, le persone lo stanno capendo. Ci sono poi alcuni elementi che la politica ha reso incomprensibili, come la legge elettorale, questo allontana le persone“. Su quali temi e macrotemi porterà il suo contributo? “La mia competenza è quella delle politiche dello sport, a cui ho dedicato due terzi della mia vita. Integrare competenze verticali in relazione orizzontale significa fare squadra. Mettere a disposizione competenze, questo genera un’intelligenza collettiva, vale nello sport e nella politica“. C’è qualcosa che la spaventa di questo percorso? “Non ho mai avuto il tempo di spaventarmi nelle cose che ho fatto. Ho iniziato nello sport non essendo un atleta ed essendo laureato in filosofia. Dopo le mie dimissioni del 2015 ero amministratore della scuola Holden, ho dovuto imparare come si fa un CDA o come si redige un bilancio, non avevo tempo di spaventarmi. Mi sono messo a studiare. La terza parentesi è stato il ruolo di Direttore Tecnico delle squadre olimpiche del tiro con l’arco: non avevo mai scoccato una freccia, mi sono tirato su le maniche“. Che cosa le hanno detto i suoi amici e colleghi quando ha detto che si sarebbe candidato? “Sei matto?“
ElezioniElezioni, la lezione dell'ex ct Berruto: "La politica è un decathlon"