La Russa, anzi i La Russa, ancora loro. Ignazio, certo, vicepresidente del Senato e braccio destro di Giorgia Meloni in Fratelli d’Italia, ma non solo. L’imminente ingresso nella Giunta regionale lombarda, come assessore alla Sicurezza, di Romano La Russa, pronto a prendere il posto di Riccardo De Corato, che è candidato alle elezioni politiche, riporta al centro dell’attenzione una delle dinastie più longeve della politica italiana.
Tutto ha inizio con Antonino La Russa, già segretario politico del Partito Nazionale Fascista di Paternò negli anni Quaranta, poi senatore del Movimento sociale italiano nel Dopoguerra. Siciliano, avvocato, “principe del Foro’’ prima nel Tribunale di Milano e poi in quello di Catania, il capostipite Antonino ha avuto quattro figli: Vincenzo, Ignazio, Emilia e Romano. Il più noto, certo, è Ignazio La Russa, avvocato e politico come il padre, una vita a destra, nel Msi e in Alleanza nazionale prima, nel Pdl poi e, infine, in FdI, già ministro della Difesa nel Governo Berlusconi IV. «Eh sì, in casa abbiamo sempre respirato aria di politica e di diritto – aveva raccontato Ignazio, nel 1994, quando era vicepresidente della Camera e An sosteneva il primo Governo Berlusconi, a Stefano Di Michele e Alessandro Galiani, autori del libro “Mal di Destra” –. Avevo undici anni e sentivo già la politica nel sangue. Il primo comizio lo feci poco prima di partire per Milano, in un paesino di montagna, sull’Etna. C’erano le amministrative e il Msi si presentava con una lista tipo An, che si chiamava Campanile con stella. Doveva parlare mio padre, che all’ultimo momento si fece sostituire da un suo amico avvocato. Lui mi prese con sé e mi diede un foglietto, dove c’era scritto un breve saluto che avrei dovuto leggere. Salito sul palco, però, gettai via il foglietto e parlai a braccio. Il discorso me lo ricordo ancora. Cominciava cosi: “Uomini onesti, insieme si sono uniti…” e andò avanti per dieci minuti buoni.
La politica, a destra, come vocazione di famiglia. Con l’eccezione del primogenito di Antonino, Vincenzo, democristiano per tutta la vita, per tre legislature in Parlamento prima con la Dc e poi con il Ccd, «il chierichetto di casa», per stessa definizione del padre. Romano, l’ultimogenito, invece, ha seguito le orme del padre e del fratello Ignazio. Ha iniziato a fare militanza politica quando frequentava il liceo classico milanese Carducci nelle organizzazioni giovanili del Msi: Giovane Italia e poi Fronte della Gioventù, nella “trincea nera’’ di piazza San Babila, duro tra i duri – più del fratello Ignazio, narra la leggenda della destra milanese – negli Anni di Piombo. Romano La Russa arriva alla grande politica negli anni Novanta, da capogruppo di An in Regione Lombardia e poi da europarlamentare. Nel 2008, quando An stava già per confluire nel Pdl, viene nominato assessore regionale all’Industria nella Giunta Formigoni e, dal 2010 al 2012, è assessore alla Sicurezza, la stessa delega di cui potrebbe tornare a occuparsi a breve a Palazzo Lombardia con Attilio Fontana presidente. Dal 2013 in poi, dopo la fondazione di FdI, Romano non ha più ricoperto incarichi elettivi. Nel 2013 si è candidato in Regione ma non è stato eletto, nel 2018 alla Camera ma l’esito è stato ugualmente negativo. La dinastia politica dei La Russa, in ogni caso, potrebbe non fermarsi ad Antonino, Vincenzo, Ignazio e Romano. Ignazio ha tre figli, tutti con secondo nome da eroi nativi americani: Antonino Geronimo è presidente di Automobile Club Milano; Lorenzo Cochis alle Comunali milanesi dello scorso ottobre è stato eletto consigliere del Municipio 1 per FdI; Leonardo Apache è rapper (nome d’arte Laurus) influencer. Romano La Russa, invece, ha cinque figli: Massimiliano, Alberto, Antonino, Clelia e Maria Cristina. Quest’ultima è sposata con Marco Osnato, deputato di FdI dal 2018. La dinastia continua, anche per interposto cognome.