Martedì 12 Novembre 2024
COSIMO ROSSI
Elezioni

La cabala dei risultati. FdI vuole il 26, al Pd basta un 19. E c’è chi prega per avere un 4%

I partiti alla ricerca della percentuale di voti che farà loro cantare vittoria alle Europee. Nel tutti contro tutti del proporzionale Meloni insidia Schlein, FI la Lega e il M5S sogna il sorpasso coi dem

Roma, 4 giugno 2024 – Leadership, sovranità, campo largo. Sono tre gli ambiti e i duelli politici principali nell’urna delle Europee. Primo, e prima dei relativi partiti, quello tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria dem Elly Schlein. Secondo quello tra Lega e Forza Italia, che in filigrana rivela la differente accezione dell’Europa come puzzle di nazionalità o entità dotata di propria sovranità. Terzo quello tra Pd e M5s dove, al netto della concorrenza, a nessuno conviene che l’alleato paghi dazio suscitando eccessive tensioni. Confermare e migliorare il risultato delle politiche 2022 è dunque il mantra condiviso pressoché unanimemente da tutti. Anche perché i rilevamenti demoscopici non autorizzano grandi rivolgimenti. Ma il diavolo, come dicono gli inglesi, sta nei particolari.

Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, 59 anni
Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, 59 anni

Il duello tra Meloni e Schlein si è – ed è stato – imposto su tutto, a cominciare dal fatto di non essere andato in onda. Le due leader si sono scelte, bersagliate e legittimate reciprocamente di buon grado. Il gioco di sponda ha infatti indubbio riscontro elettorale. Se la premier dichiara di voler consolidare il 26% delle politiche, la leader dem, che si schermisce affermando che "la soglia porta jella", ma è ben consapevole di poter superare il 19% delle politiche di un paio di punti. Quindi: se vuoi opporti a Meloni vota Schlein e, viceversa, se non vuoi Elly vota Giorgia. Niente di meglio per massimizzare il consenso e legittimare le rispettive leadership. Meloni non ha problemi di egemonia sulla coalizione, né dal punto di vista politico e men che mai da quello numerico. Ha deciso di candidarsi nell’intento di rafforzare il risultato delle politiche. Come del resto è accaduto ai suoi predecessori a Palazzo Chigi: Silvio Berlusconi nel 1994 e nel 2009, Matteo Renzi nel 2014. La premier deve augurarsi piuttosto che gli alleati non subiscano umiliazioni tali da provocare ripercussioni sulla stabilità del governo. Considerate anche le tensioni col Carroccio che potrebbero scaturire dall’eventuale sostegno di FdI alla prossima Commissione europea, sia essa guidata da Ursula von der Leyen, il vicepresidente del Ppe Antonio Tajani o il premier greco Kyriakos Mītsotakīs. Ma per questo è ancora presto. Nell’immediato invece si disputa un altro duello politico rilevante, che è appunto quello tra FI e Lega. Matteo Salvini ha fissato l’asticella su una frazione in più dell’8,77% riscosso alle politiche 2022; con l’irrefrenabile Claudio Borghi che si dichiara sicuro che il Carroccio si confermerà davanti a FI. Di contro Tajani vagheggia espressamente, sin dall’insediamento alla segreteria, la simbolica quota 10%. Gli azzurri del Ppe (8,11% alle politiche) contano di avvantaggiarsi del profilo molto più schiettamente europeista sia rispetto al partito della premier che soprattutto alla Lega. Che infatti confidano di superare, invertendo il divario delle politiche. Ultimo duello quello tra il Pd e il M5s. La quotidiana sfida di Schlein a Meloni attiene precisamente all’egemonia sul campo largo. Il nuovo corso dem è sicuramente in crescita e la premier stessa avvalora la segretaria a scapito di Giuseppe Conte. Che infatti scalpita innervosito. Se tuttavia il M5s risultasse troppo penalizzato dalle urne al di sotto del 15%, il risultato potrebbe paradossalmente alimentare le tensioni, viste anche le divergenze in tema di politica estera e finanziamento degli armamenti all’Ucraina. Tutt’altra storia in termini di seggi. Di sicuro c’è solo che rispetto al 2019 FdI quadruplicherà almeno i 6 eletti e la Lega perderà tre quarti dei suoi 29. Molto però dipende da quanti dei tre partiti sulla soglia del 4% – Avs, Azione, Sue – supereranno lo sbarramento. Tutti confidano di farcela. In quel caso ognuno otterrebbe 3 seggi. A seconda che vengano eletti fino a 9 rappresentati i numeri delle delegazioni potranno cambiare. Vero è che, rispetto alle politiche, alle Europee il voto penalizza le forze minori. Nel 2019 infatti nessuno superò lo sbarramento.