Roma, 11 giugno 2024 – Chi crede che la ripetizione della grande coalizione tra liberali, popolari e socialisti possa rendere ininfluente la crescita dei partiti di destra nei meccanismi di governo dell’Unione europea rischia d’ingannarsi. In primo luogo, vanno considerati i cambiamenti a livello nazionale intercorsi negli ultimi anni.
Gli Stati membri hanno diritto a proporre la nomina di un commissario a testa e oggi ci sono molti più governi di centrodestra (o con la destra nazionalista in coalizione) a livello nazionale di quanti non ce ne fossero nel 2019. Si pensi a Paesi come Italia, Portogallo, Grecia, Olanda – oggi tutti governati dalla destra – a cui potrebbe aggiungersi presto la Francia dopo il grande risultato del Rassemblement National e la scelta di Macron di sciogliere l’Assemblea Nazionale.
È fisiologico che la Commissione, riflettendo anche l’orientamento dei governi nazionali, risulterà spostata a destra e che tenderà a proporre al Parlamento europeo nomine e politiche più gradite a popolari e conservatori rispetto al passato. In secondo luogo, è vero che lo scenario principale resta quello di un proseguo dell’attuale maggioranza e della rielezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione, ma anche qui bisogna evitare semplificazioni. Di fatti nel voto di conferma del presidente nel Parlamento Europeo ci sono di solito numerosi franchi tiratori. Ciò significa che per assicurarsi l’elezione del presidente della Commissione proposto dal Consiglio europeo c’è bisogno di una maggioranza molto ampia, più larga di quella che liberali, popolari e socialisti possono formare.
E qui entrano in gioco i conservatori, i quali si sono mostrati aperti a votare von der Leyen e a cui non si può impedire di votare per un candidato presidente a loro gradito. Dunque è probabile che almeno una parte, se non tutto il gruppo, dell’Ecr sarà coinvolta nella elezione del presidente della Commissione per controbilanciare i possibili franchi tiratori dei vari partiti. Poniamo il caso che, invece, non ci sia accordo sul nome di von der Leyen tra i capi di Stato e di governo e si scelga di andare su un altro nome, sempre appartenente al Ppe in quanto maggior partito e perno di qualsiasi maggioranza nella prossima legislatura. I conservatori, e Meloni come capo di governo in particolare, possono inserirsi in questa partita. In tal caso il ruolo del presidente del Consiglio come king-maker del futuro presidente della Commissione potrebbe addirittura essere superiore, in termini di influenza sulle scelte, alla rielezione di von der Leyen. Meloni può intervenire nel processo prima da capo del governo nel Consiglio europeo e poi da leader dell’Ecr in Parlamento. Meloni potrebbe insomma concorrere a determinare il successore di von der Leyen se questa non dovesse trovare l’accordo del Consiglio europeo.
“Chiaramente un governo solido significa anche che i tuoi interlocutori sanno che avranno a che fare con te, che avranno a che fare con te ancora per diverso tempo e significa anche che l’Italia può essere un’ancora nel caos e nella incertezza che noi viviamo ogni giorno. Sarà un elemento di forza anche nelle trattative per la prossima Commissione europea”, ha fatto subito sapere ieri la premier.
Le possibilità negoziali di Meloni sono ampie e questo la mette anche in condizioni di trattare per l’Italia una poltrona pesante per il futuro commissario espresso dal nostro Paese. In questo contesto è evidente che, si tratti della rielezione di von der Leyen o di un altro, il peso strategico dei conservatori è diventato più elevato poiché i popolari ne hanno bisogno per blindare il sostegno parlamentare alla nuova Commissione europea. Ciò non significa che, in modo automatico, i conservatori faranno parte stabilmente della nuova maggioranza europea. L’Ecr potrebbe votare per il presidente della Commissione, dare una mano ai popolari e poi sedersi ad aspettare valutando voto per voto, provvedimento per provvedimento, come comportarsi. Ciò garantisce a Meloni e ai suoi alleati un’influenza sul Ppe, il quale non può spostarsi troppo verso sinistra onde evitare di perdere consensi a destra a favore proprio dei conservatori. I popolari, su provvedimenti come ambiente o immigrazione ad esempio, potrebbero chiedere il soccorso dei conservatori per stemperare proposte ed emendamenti che vengono dai socialisti e dai liberali. Saremo probabilmente di fronte a una maggioranza mobile, a carattere variabile, che in molti passaggi si fonda sulla vecchia coalizione e in altri si contamina con i conservatori. Questi ultimi, dunque, possono non solo influire sulla composizione della Commissione, ma anche godere di una rendita di posizione che permette loro di essere a cavallo tra maggioranza e opposizione. Un privilegio che, se ben sfruttato, può garantire loro un potere superiore alla forza numerica di cui dispongono a Bruxelles.