Roma, 8 giugno 2024 – Francamente non capisco come si possa non votare oggi o domani per le elezioni europee. L’Europa non è una istituzione burocratica remota, litigiosa e talvolta antipatica. È una trincea dove gli Stati combattono corpo a corpo per gli interessi che investono ogni aspetto della vita dei loro cittadini: le case, le automobili, la tavola, la famiglia, l’agricoltura, l’industria, i servizi. Ricordo un solo esempio evocato da Giorgia Meloni giovedì sera nella mia trasmissione: sei milioni di famiglie percepiscono l’assegno unico per 9,67 milioni di figli. Bene, secondo Bruxelles questo assegno sarebbe discriminatorio nei confronti di figli residenti nei Paesi d’origine di immigrati arrivati in Italia da meno di due anni. Se l’Italia perdesse questa battaglia, ha detto la presidente del Consiglio, la spesa sarebbe insostenibile e l’assegno verrebbe cancellato.
Abbiamo bisogno, insomma, di un’Italia molto forte a Bruxelles.
La settimana scorsa The Economist, il settimanale più autorevole del mondo, ha messo in copertina Meloni, affiancata in posizione subordinata da von der Leyen e Le Pen. Titolo: le tre donne che possono cambiare l’Europa. Nell’articolo si invitano i Paesi del ‘salotto buono’ europeo a non essere ‘miopi’ quando parlano di Meloni perché escluderla dai giochi che contano potrebbe avere contraccolpi non graditi.
Per questo Meloni vuole presentarsi fin dal G7 con una forte legittimazione elettorale (con un Macron e uno Scholz prevedibilmente ridimensionati). Tutti i leader sono pienamente legittimati a vedere consolidata la loro posizione: Tajani per rafforzare il Partito popolare, Salvini il fronte sovranista, Schlein l’ala sinistra dei socialisti europei, Conte per poter trattare al meglio l’ingresso in una casa che non ha. Le alleanze non saranno facili. Andarci ben carrozzati conviene a tutti, compreso l’elettorato del Sud incredibilmente tiepido.