Lunedì 1 Luglio 2024
RENAUD DEHOUSSE
Elezioni

Europee 2024, il voto più importante. La Ue decide il suo futuro e la destra sogna la leadership

È iniziato ieri dai Paesi Bassi il lungo processo elettorale, domani e domenica tocca all’Italia. L’analisi del rettore della Johns Hopkins University sulle poste in gioco nazionali ed europee

Roma, 7 giugno 2024 – La campagna per le elezioni europee ha portato in evidenza alcuni cambiamenti importanti nelle regole del gioco, sebbene non si tratti di una rottura radicale con il passato: rappresentano in larga misura una sorta di sondaggio sulla popolarità dei singoli governi europei in carica. La campagna, dominata da politici nazionali, tende a concentrarsi su argomenti nazionali.

Elezioni Europee, la leader liberale olandese Dilan Yesilgoz al seggio
Elezioni Europee, la leader liberale olandese Dilan Yesilgoz al seggio

In Italia, la discesa in campo di Giorgia Meloni è principalmente destinata a dimostrare il primato del centrodestra e del suo partito, la segretaria del Pd Elly Schlein ha ritenuto utile candidarsi per consolidare la sua posizione nel partito ed entrambe hanno detto che non hanno intenzione di sedere nel Parlamento Ue. In Francia, le opposizioni fanno campagna per ottenere un nuovo voto di sfiducia contro il presidente Macron. In Spagna è in palio la leadership di Pedro Sanchez. È così dalle prime elezioni del 1979: come le elezioni di metà mandato per i presidenti americani, servono spesso a sconfessare chi è al governo.

Nonostante tutto ciò, vi è una novità: emergono segni di logiche transnazionali. Da una parte, l’affermazione delle destre, prime o seconde nei sondaggi in una maggioranza di Paesi membri dell’Unione. Non è la prima volta che succede: nella seconda metà degli anni 90 arrivò al potere quasi simultaneo una serie di governi di sinistra. Stavolta, tuttavia, si parla di un possibile cambiamento di alleanze a livello europeo. Sarebbe immaginabile una maggioranza fra il centrodestra e la destra, alternativa alle “larghe intese” fra partiti tradizionali? Potrebbe una siffatta maggioranza determinare la scelta della nuova leadership europea? Non è scontato ma il semplice fatto che se ne possa parlare costituisce di per sé una novità interessante.

Questa prospettiva sta già dando luogo a nuove dinamiche: Marine Le Pen si è rivolta a Giorgia Meloni, prospettando la possibilità di costituire un mega gruppo di destra a Strasburgo, secondo solo al Partito popolare europeo. La ricerca di nuove convergenze non riguarda solo le poltrone ma anche le politiche: da mesi, si assiste a un’offensiva della destra contro il cosiddetto Green Deal sull’emergenza climatica, priorità principale della Commissione von der Leyen.

La posta in gioco in queste elezioni è anche la presidenza della nuova Commissione Ue. L’Europa sta andando oltre il modello intergovernativo: dal 2014 si assiste a un’evoluzione verso una maggiore trasparenza. In quell’occasione, la scelta di Juncker, prima contestata, apparve poi chiara dopo il primato del Ppe alle elezioni.

La situazione odierna è più confusa. Da una parte, la presidente uscente investita dal proprio partito, mentre alcuni partiti hanno designato un loro candidato, altri si sono accontentati, invece, di scegliere un portavoce. Siamo lontani da una forma di “premierato” europeo, ma rimane abbozzo di competizione elettorale transnazionale. L’idea che il voto degli elettori debba influenzare la scelta della leadership europea ha guadagnato terreno.

Renaud Dehousse, Rettore Johns Hopkins University School of Advanced International Studies Europe