Dicono che l’Europa, nel senso della Commissione Europea e del Paesi che della Ue sono fondatori, abbiano già “sdoganato” l’idea che Giorgia Meloni e Matteo Salvini governeranno l’Italia dopo le elezioni del 25 settembre. Quello che invece nessuno riuscirà mai a sdoganare è l’idea che Meloni e Salvini hanno dell’Europa; non gli piace adesso, non gli piacerà in futuro. Oggi, slogan come uscita dall’euro o dall’Unione, soprattutto dopo il governo Draghi e il Pnrr, sono stati sepolti sia dalla Lega sia da Fratelli d’Italia perché anche la Brexit ha mostrato al mondo le conseguenze reali di un simile gesto, ma nell’elettorato dei due partiti questa ‘musica’ antieuropea è assolutamente solida.
Meloni e Salvini, al netto delle apparenze e dei silenzi verso Bruxelles, condividono la linea di sovranità che il leader della Lega ritrova nel gruppo ipersovranista di Identità e Democrazia insieme a Marine Le Pen e ai Tedeschi di Alternativa per la Germania e Giorgia Meloni nei Conservatori e Riformisti, di cui è Presidente, in teoria un partito un po’ più moderato, in realtà fortemente euroscettico e nazionalista, dove albergano anche gli spagnoli di Vox, franchisti di ritorno, i Polacchi di Diritto e Giustizia, la creatura tutta patria e famiglia dei gemelli Kaczynski, e il Brexit party di Nigel Farage.
Nessuno, insomma, riuscirà in seguito, anche dal governo, a convincere le due ‘punte’ del centrodestra del fatto che come membri fondatori dell’Europa, stante la situazione attuale, non si potrà mai pensare di far prevalere il diritto nazionale italiano su quello internazionale (come Fd’I ha tentato di proporre nel 2018), né si potrà mai pensare di tentare di ribaltare i tavoli dei trattati - come ha fatto più volte Salvini - in nome della protezione culturale italiana, della sicurezza e della lotta all’immigrazione. Comunque, si fa davvero fatica a credere che Giorgia Meloni, eventuale prima donna a sedersi sulla poltrona più alta di Palazzo Chigi, possa archiviare in un attimo decenni di eurofobia suoi e del suo partito, buttando nel cestino la ferma opposizione a qualsiasi forma di integrazione politica con gli altri Paesi membri, ma va da sé che i toni, dai banchi del governo, dovranno comunque essere diversi verso l’Europa; c’è ancora da incassare parecchio dal Pnrr e con questa crisi nessuno perdonerebbe mai a Meloni e Salvini di aver perso anche un solo centesimo solo ragioni di un’antipatia antica e, ormai, parecchio fuori moda.