Se ne parla da decenni. Si formano commissioni, si convoca il gotha della classe politica italiana, si mobilitano i mezzi di informazione, si cerca di fare breccia nella pubblica opinione, si danno interpretazioni di diverso tipo e di varie sfumature Fatto sta che il dibattito sul presidenzialismo non muore mai. Qualche volta va “in sonno“, salvo risvegliarsi a ogni campagna elettorale. Storicamente, il presidenzialismo è stato uno dei cavalli di battaglia più forti della destra. Di quella missina nella Prima Repubblica, del centrodestra poi. Ma attenzione: anche a sinistra (segnatamente nel Partito socialista di era craxiana), seppure con forme e toni diversi, si è accarezzata l’idea di passare da una repubblica di tipo parlamentare a una di tipo presidenziale. Ecco le varie ipotesi sul tappeto. PRESIDENZIALISMO CLASSICO Il primo sistema prevede l’elezione diretta del presidente della Repubblica separata da quella delle Camere. Insomma, sono i cittadini che eleggono il presidente. E deve essere lui a formare il governo. La caratteristica peculiare sta nel fatto che, proprio perché eletto dai cittadini, il presidente non deve avere la fiducia dei parlamentari. In una repubblica presidenziale è l’autorità numero uno proprio perché eletto direttamente e proprio perché è sia capo dello Stato sia capo del governo. In una repubblica presidenziale il presidente ha il potere di opporsi, se lo considera necessario, alle decisioni prese dalla camere. Ha inoltre la possibilità di svolgere funzioni legislative, dirige la politica estera del proprio Paese e nomina gli alti funzionari dello Stato. Ciò detto, il presidente non è “intoccabile“. Se il Parlamento vuol tentare di cacciarlo, può ricorrere all’arma dell’impeachment, cioè quell’istituto giuridico attraverso il quale si prevede il rinvio a giudizio di titolari di cariche pubbliche qualora si ritenga che abbiano commesso illeciti nell’esercizio delle loro funzioni. Il presidenzialismo ha molte altre caratteristiche. Come, ad esempio, la rigida separazione dei poteri che dialogano fra loro, ma senza mai intersecarsi. Gli Stati Uniti sono il Paese-emblema del presidenzialismo. IL SEMI-PRESIDENZIALISMO La Francia, invece, è una repubblica semi-presidenziale. Al contrario del presidenzialismo puro, il semi-presidenzialismo fa del governo una sorta di raccordo tra l’azione presidenziale e quella parlamentare. Col semipresidenzialismo abbiamo l’elezione diretta che convive in un rapporto di fiducia della Camera rispetto a un governo diretto da un primo ministro da lui scelto. In sostanza, il primo ministro viene nominato dal presidente, ma ha bisogno della fiducia parlamentare insieme al resto del suo esecutivo. L’elezione del presidente (come si è visto nelle recenti vicende francesi) si ha con un voto popolare autonomo rispetto a quello del Parlamento. Gode inoltre di alcuni poteri che, a esempio, il modello presidenziale (come quello Usa) non ha: diritto di consultazione referendaria, iniziativa legislativa, scioglimento delle Camere. IL PREMIERATO Infine, il premierato. Con questo termine (dal francese “premier“, “primo“, qui nel senso di primo ministro) si indicano, nei linguaggi politico e politologico, varianti della forma di governo parlamentare dai contorni non sempre ben definiti. Due le caratteristiche (non necessariamente congiunte) tipiche del premierato: l’indicazione del capo del governo da parte degli elettori (se non l’elezione diretta); un ruolo rafforzato dello stesso capo di governo rispetto al Parlamento. In questi casi il presidente della repubblica resta eletto dalle camere ma dovendosi «cotrapporre» a un premier eletto dal popolo e quindi per definizione più forte, ha compiti più limitati, e la sua è essenzialmente una figura che tende a rappresentare l’unità nazionale.