"In questa campagna elettorale la questione geopolitica viene affrontata in un modo solo: guardando a come varia di giorno in giorno il prezzo del gas. Siamo di fronte a una politica miope, fatta di slogan, alla quale per ora non vedo alternative".
Massimo Cacciari è sempre più pessimista sul futuro del Paese. Per il filosofo ribelle del centrosinistra (rinnegato dai suoi soprattutto per le posizioni contro il governo Draghi e il Green pass) siamo davanti a una svolta nella storia della politica italiana.
Perché non ritiene la politica all’altezza delle imminenti votazioni?
"Il voto del 25 settembre è la conclusione di una crisi ventennale in cui il Parlamento ha dimostrato di non saper formare da sé dei governi adeguati, anni in cui il presidente della Repubblica è intervenuto continuamente per risolvere problemi che il Parlamento non era in grado di risolvere. Viviamo in una crisi ormai evidente di sistema politico. Le forze politiche però non ne discutono e viene affrontata in modo dilettantistico, occasionale e marginale".
Lei parla di crisi di sistema.
"È palese l’impotenza del Parlamento ad affrontare le questioni vitali, la conseguenza è un presidenzialismo surrettizio".
Come se ne esce?
"È necessario fare un lungo ragionamento di ordine storico e concettuale e affrontare la questione non come una partita di calcio".
Riformare l’Italia senza i padri fondatori e senza il clima costituente del Dopoguerra?
"Non mi pongo neanche più la questione dell’apertura di una fase costituente, mi accontenterei di una riflessione critica e autocritica su come si è arrivati a questa situazione".
Si riferisce alla svolta a destra?
"È incredibile che gli eredi di tanta cultura cattolica e di sinistra non riflettano sull’ipotesi di avere domani un governo di destra con una leader come la Meloni. Siamo di fronte a una discontinuità netta. Quindi mi accontenterei che le questioni vengano affrontate con franchezza, parlando di grandi processi storici, oggettivi. Vanno affrontate due questioni: la crisi di sistema e il salto d’epoca. E per ragionare in senso critico occorre collocare la situazione italiana nel panorama internazionale: la guerra, la crisi energetica per esempio".
Cosa che non avviene?
"Occorre affrontare insieme il contesto nazionale e globale, mentre oggi ogni giorno assistiamo solo ai proclami di Zelensky senza senso critico".
Sta per inaugurare il quinto anno della sua scuola di formazione politica a Cesano Maderno. Dalla Repubblica di Platone alla necessità di tornare a piantare il seme del pensiero critico il passo è breve. Cosa si aspetta?
"I giovani sono disorientati davanti a una classe politica che si è fermata a prescindere da ogni pensiero e da ogni competenza. Nel corso di formazione politica vorremmo affrontare i problemi che il Paese incontra senza ipocrisie e con grande franchezza, su base storica e scientifica. Il corso è rivolto a tutti coloro che vogliono partecipare davvero alle grandi trasformazioni che il Paese dovrà affrontare perché dopo la pandemia e dopo la guerra, sperando che questo “dopo la guerra” avvenga il più presto possibile , ci troveremo davvero in una situazione inedita. Per affrontare una novità di questo calibro è necessaria coscienza e conoscenza"
Ora la sfida anche a scuola è sul ritorno in presenza.
"È un’eredità del Covid, basti pensare al boom delle facoltà telematiche".
E questo è un altro tema, in qualche modo legato a quello della scarsa partecipazione alla politica e al voto, come dimostrato dalle ultime amministrative.
"Dove la politica va per conto proprio, mossa dalle istanze di un potere miope, questi sono i risultati".