Giacomin
Le urne hanno dato al Partito popolare europeo il potere di dare ancora le carte e di riproporre la maggioranza Ursula con socialisti e liberali. Salvo sorprese, von der Leyen farà il bis alla guida della Commissione europea. Le linee guida del suo secondo mandato le ha già tracciate affidando a Mario Draghi ed Enrico Letta il rapporto sul futuro e sulla competitività dell’Ue. Un percorso più che ardito a risultati acquisiti.
L’Ue è stata costruita e ha funzionato grazie a un motore bicilindrico: un pistone francese e un pistone tedesco. Il primo è grippato con il successo in Francia di Marine Le Pen e Jordan Bardella che hanno portato il presidente Emmanuel Macron a sciogliere l’assemblea legislativa e a indire nuove elezioni tra fine giugno e i primo di luglio. Mossa da giocatore di poker.
Il secondo pistone, quello tedesco, è svalvolato dalla debolezza politica del Cancelliere Olaf Scholz tallonato dal secondo posto conquistato da Alternative für Deutschland (AfD). Due fattori dall’impatto non discutibile sulla futura maggioranza Ursula. In ballo ci sono: i fondi del Pnrr, le nuove regole di bilancio, la transizione ecologica, la difesa comune e il sostegno all’Ucraina. Ieri sui mercati i rendimenti dei titoli di Stato francesi e italiani sono saliti, l’euro è sceso sul dollaro
Il governo italiano, ha alcuni assi nella manica. Forza Italia, grazie al solido ancoraggio al Ppe e al successo elettorale della linea Tajani, ha la potenzialità politica di pesare. La premier Giorgia Meloni – uscita dalle urne con un riconoscimento fortissimo per Fratelli d’Italia e per la sua leadership – ha ampia capacità di movimento: il feeling con von der Leyen è pubblico. Improbabile la sostenga, ma non impensabile. È dura immaginare Giorgia Meloni nel ruolo di stampella, lo è anche pensare possa rimanere alla finestra un altro giro, in un’Europa che non ha tempo, ha necessità di fare le riforme con chi ci sta e dove tutto, oggi, è possibile.