Milano, 7 novembre 2024 – La vittoria di Donald Trump, oltre che produrre riflessi geopolitici su scala planetaria, potrebbe provocare un riposizionamento degli innovatori della Silicon Valley, sempre pronti a rivedere il proprio atteggiamento nei confronti dei governanti, in ragione degli interessi economici e commerciali da perseguire. In campagna elettorale tra le Big Tech ha prevalso l’attendismo. Se si eccettua l’endorsement netto e plateale di Elon Musk, ceo di Tesla e SpaceX, che fin dall’inizio ha sostenuto, anche economicamente, il candidato repubblicano, tutti gli altri leader delle piattaforme sono rimasti alla finestra e, vista l’incertezza dei sondaggi, hanno preferito coltivare l’ideale della neutralità e dell’equidistanza tra i due sfidanti. Tim Cook, ceo di Apple, Mark Zuckerberg, ceo di Meta, e Sundar Pichai, ceo di Alphabet e Google, nei mesi scorsi non si sono pronunciati, ma in verità qualche delicato segnale in favore di Trump l’hanno lanciato.
Zuckerberg, ad esempio, avrebbe chiesto scusa in privato a Trump per aver messo in dubbio l’attentato del 13 luglio ai suoi danni, rassicurandolo sul fatto che non avrebbe sostenuto la rivale Kamala Harris. Il nuovo inquilino della Casa Bianca ha altresì rivelato di aver ricevuto telefonate di congratulazioni per alcune sue iniziative elettorali da Sundar Pichai e di essere stato contattato da Tim Cook che si sarebbe lamentato con lui delle sanzioni imposte ad Apple dall’Unione europea.
Anche Jeff Bezos, fondatore di Amazon, dietro l’apparente neutralità dichiarata nei mesi scorsi, avrebbe in realtà strizzato l’occhio al tycoon rompendo una consuetudine del Washington Post, quotidiano acquistato nel 2013, che – quando ha preso posizione – ha sempre sostenuto candidati democratici. In questa campagna elettorale ha preferito tornare a mantenersi super partes. Peraltro, durante la prima presidenza Trump (2016-2020), quel quotidiano aveva spesso attaccato l’allora inquilino della Casa Bianca per la scarsa sensibilità dimostrata nei confronti della libertà di stampa. Le ragioni del dietrofront sono intuibili e vanno ricondotte ai molteplici e consistenti interessi commerciali di Amazon. Musk, invece, ha appoggiato convintamente Trump alla luce del sole, cavalcando in pieno la sua propaganda.
E ora che cosa succederà? Trump, nonostante l’ostracismo digitale di cui è stato spesso vittima, ha lasciato intendere di voler tutelare gli interessi delle Big Tech rispetto a eventuali trattamenti penalizzanti da parte dei giudici europei. Questo elemento potrebbe creare un vero e proprio feeling con i miliardari dell’ecosistema digitale, che mantenendo buoni rapporti con Trump sperano di difendere le loro consolidate posizioni di mercato.
Non meno rilevante sarà verificare l’evoluzione della libertà d’espressione in Rete e l’impatto che questo disgelo tra Casa Bianca e giganti della Rete produrrà sulla tutela dei diritti degli utenti. Trump è stato in passato una delle vittime della privatizzazione della censura e ha subìto profonde compressioni del suo diritto di manifestare liberamente il pensiero. Del pari ha ciclicamente utilizzato i social per manipolare l’opinione pubblica con informazioni false e non verificate, che hanno finito per generare disinformazione nello spazio virtuale. La scommessa più ambiziosa sarà dunque quella di trovare nuovi equilibri tra libertà e responsabilità.
Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano