New York, 6 novembre 2024 – “Ora l’America è sul precipizio di un governo autoritario mai visto prima nella sua storia di 248 anni”. In una dura analisi a firma di Lisa Lerer il New York Times apre una finestra sul futuro degli Stati Uniti dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali. Gli americani hanno scelto “l’uomo forte”, scrive la cronista politica. Ma Trump “non ha conquistato il Paese con la forza”. Bensì con un “permesso firmato”. La gente l’ha votato, insomma. E l’ha votato nonostante lui non abbia mai nascosto il suo progetto autoritario. Il candidato repubblicano, durante la sua campagna per tornare leader degli Stati Uniti, ha promesso che sarebbe stato “dittatore”, anche se solo nel “Giorno 1” del suo governo. “Ha detto che avrebbe utilizzato la forza militare contro i suoi oppositori, che avrebbe licenziato migliaia di dipendenti pubblici, che avrebbe deportato milioni di immigrati, messo fine all’indipendenza del Dipartimento di Giustizia, usato il governo per spingere le teorie cospirative sulla sanità pubblica e abbandonato le storiche alleanza all’estero, ridotto il governo a strumento per le sue rivendicazioni”. Tutto questo l’ha detto. E “quando ha chiesto il potere di farlo, i cittadini gliel’hanno accordato”.
“Torna la tempesta Trump”
“Trump Storms Back", ha titolato proprio il New York Times per annunciare la rielezione del magnate. Letteralmente “Torna la tempesta Trump”. Il suo ritorno al potere è “sbalorditivo” dopo una “campagna oscura e provocatoria” e segna una "nuova era di incertezza"
Ma il focus dell’analisi di Lerer, che campeggia nella homepage del sito dell’autorevole quotidiano liberale, è l’indubbio sostegno ricevuto da Trump che ne legittima pienamente l’elezione. Gli americani l’hanno votato e in piena consapevolezza.
Un ampio mandato
"Dopo aver sconfitto la vicepresidente Kamala Harris, che sarebbe diventata la prima presidente donna degli Stati Uniti, Trump porterà i suoi primati storici nella Casa Bianca – continua Lerer – l'unico presidente condannato per dozzine di crimini, accusato di dozzine di altri crimini e due volte messo in stato di accusa". Eppure “a differenza del 2016, quando ha segnato una vittoria elettorale a sorpresa ma ha perso il voto popolare, Trump andrà a Washington in grado di rivendicare un ampio mandato”.
"Trump siamo noi”
Anche Peter Beker, corrispondente alla Casa Bianca per il New York Times, nel suo editoriale sottolinea che “per la prima volta nella storia, gli americani hanno eletto un criminale condannato come presidente. Hanno consegnato di nuovo il potere a un leader che aveva cercato di ribaltare il risultato di una elezione, chiesto l'abrogazione della costituzione per tornare al potere, che aspira a essere un dittatore dal primo giorno del suo nuovo mandato e ha promesso di punire i suoi avversari”. Eppure Trump non è l’anomalia. “Non è solo l'aberrazione storica che alcuni pensavano che fosse ma è una forza trasformativa che ridefinisce gli Stati Uniti contemporanei a sua immagine e somiglianza”. La sua elezione è frutto di una “rivolta” contro la “visione dell’America che è propria dell’elite”. Contrariamente a quello che ha dichiarato Kamala Harris, "viene fuori che Trump è esattamente quello che siamo, quantomeno la maggior parte di noi".