Roma, 5 novembre 2024 – Kamala Harris o Donald Trump? È facile dire per chi tifano Olaf Scholz, Emmanuel Macron, Donald Tusk e Pedro Sanchez. E non è difficile immaginare in quale esito delle urne americane depongano le loro speranze Viktor Orban (“pronto a stappare diverse casse di champagne”) e Marine Le Pen, per non dire dei leader dell’ultradestra tedesca. Né sorprende che tutti i leader europei stiano nervosamente compulsando i sondaggi Usa, convinti che lo scenario cambi completamente a seconda dell’esito delle urne.
“Che si tratti di economia, sicurezza o questioni politiche, con Trump è probabile che le relazioni tra Ue e Usa tornino a essere più tese”, mettono le mani avanti gli esperti del Centres for European Policy Network. Fin troppo ovvio dire che il convitato di pietra si chiami Putin: ma il fronte non è solo l’Ucraina, il timore diffuso a Bruxelles come a Berlino e Parigi è che un ’appeasement’ nei confronti del Cremlino – praticamente dato per certo con un Trump vittorioso – possa avere conseguenze imprevedibili su tutto il continente. Anche alla luce delle tante operazioni di destabilizzazione che la Russia ha lanciato sull’Ue, dalle ondate di fake news alle offensive d’intelligence passando per i fondi a forze politiche volte a scardinare lo status quo, come desiderato da un Putin che sovente teorizza “la fine delle democrazie liberali”.
Non a caso dalla campagna di Kamala arrivano, invece, segnali distensivi: la politica estera di Harris sarà in linea con quella di Biden, le alleanze saranno rafforzate anziché minate, si mantiene un’idea di un ordine multipolare. C’è poi il discorso della Nato: più volte Trump aveva evocato la possibilità che gli Usa possano uscire dall’Alleanza ritenendola “obsoleta”, altrettanto spesso ha ribadito agli europei la richiesta di innalzare la spesa per la Difesa (questione sulla quale Harris forse non la pensa diversamente). Dopodiché gli stessi analisti ti ricordano che l’ex tycoon non perde occasione per ribadire che se rieletto renderà il commercio con l’Europa “più costoso”, imponendo ulteriori dazi del 10%-20%, con l’effetto ovvio di frenare la crescita dell’Ue: non stiamo parlando di briciole, visto che gli Usa sono il maggior partner commerciale della vecchia Europa. Sì, è anche questa la posta in gioco.