New York, 5 novembre 2024 – Lui, aria distinta, giacca blu e jeans. Lei con un Burberry leggero. Siamo in coda con loro al seggio della scuola di Design sulla 56ª strada nell’East Side di New York, a pochi metri dalla Trump Tower. Il loro primo pensiero è togliersi il cappellino rosso dei Maga, il popolo trumpiano. Appena entrano sorridono, come a voler rivolgere un segnale di onesta trasparenza ed educazione. Nei seggi della Grande Mela è proibito introdurre pubblicità elettorale, anche se il loro voto sembra abbastanza palese. Pure a Manhattan, fra Times Square e la redazione del New York Times, dove il personale grafico sciopera davanti alle vetrate del giornale per boicottare la proprietà del quotidiano che da due anni non vuole rinnovare il contratto di lavoro, si respira un’atmosfera strana.
I grandi tabelloni luminosi oggi trasmetteranno i dati senza interruzione anche sulle elezioni locali. A New York, infatti, se i democratici riprendessero i seggi alla Camera persi nel 2020 e nel 2022, potrebbero ribaltare la maggioranza a Washington. Non sono in discussione gli equilibri nello Stato, ma solo le percentuali dei due partiti in crescita o in calo.
La polarizzazione degli Stati Uniti, in queste ore di vigilia elettorale, non aiuta il confronto delle idee nemmeno in famiglia. Ma quando si avrà una chiara indicazione del vincitore chiunque perda è destinato a farsene una ragione. Sarebbe vegognoso – è opinione diffusa – se riprendendo lo stesso modello del 2020 ingiustificatamente si gridasse di nuovo ai brogli inesistenti. Trump, nei suoi ultimi comizi, ha già lanciato le prime stoccate in una contea della Pennsylvania, dove sosteneva che le richieste di 2.600 schede elettorali fossero fraudolente. Il segretario dello Stato, però, ha assicurato che si tratta di una falsa notizia e che ciascuno può presentarsi al proprio seggio con un documento valido e votare oggi di persona.
Trump qualche giorno fa sosteneva di essere in vantaggio in tutti i sette Stati in bilico e sembrava confortato dalla forte presenza dei repubblicani al voto anticipato che ha già raccolto la decisione di oltre 77 milioni di persone. Ieri l’ex presidente ha aggiunto "sono avanti di 10 punti, tutti i sondaggi sono truccati e falsi per far vincere la Harris ma noi vigileremo". In diversi Stati c’è allarme per la mobilitazione dei Proud Boys, il gruppo di estrema destra che partecipò all’assalto del congresso nel 2020 e che con i militanti superstiti e a piede libero sarebbero pronti a un nuovo confronto muscolare se non armato, nel caso in cui Trump possa venire sconfitto.
L’allerta è massima, con nuove alte recinzioni metalliche e barricate intorno alla Casa Bianca, a Capitol Hill e alla residenza della vicepresidente nonché candidata presidenziale. Mentre la guardia nazionale è già stata mobilitata a scopo precauzionale in alcuni Stati, tra cui Washington e Oregon – dove nei giorni scorsi sono state incendiate decine di contenitori di schede elettorali – ma anche in quello in bilico del Nevada. I democratici di Harris hanno allertato solo gli avvocati pronti a presentare appelli se si riscontrassero irregarità o violenze ai seggi. A dominare le analisi di queste ore mentre Kamala e Donald sembrano ancora appaiati a livello nazionale col 49%, ci sono gli Stati chiave. Chi determinerà la vittoria insomma sarà l’affluenza alle urne oggi, con sotto la pioggia e altri colpiti da un caldo estremo.
A sorpresa un sondaggio rigorosissimo dell’Iowa ha dato a Harris 3 punti di vantaggio su Trump e questo potrebbe diventare un indicatore fatale. La Pennsylvania però, con i suoi 19 voti elettorali, è considerata ancora il terreno per l’ultima battaglia. L’ultima tegola per Trump arriva invece da un podcast. "L’unica cosa che mi piace davvero fare è s...re le mogli dei miei migliori amici. È semplicemente la cosa più bella". Lo avrebbe confessato lo stesso Trump a Jeffrey Epstein secondo le registrazioni di un’intervista data nel 2017 dal finanziere morto in carcere nel 2019. Gli audio sono stati pubblicati nell’ambito della serie di podcast ‘Fire and Fury’ da Michael Wolff.