'Nomination' è un termine che abbiamo sentito la scorsa estate, quando i partiti americani si preparavano a investire solennemente i propri candidati di questo importante ruolo. Si tratta del coronamento di un lungo processo, quello delle primarie: una sfida interna alle formazioni nella quale gli elettori sceglieranno colui o colei che correrà per la Casa Bianca.
Al termine di questa prima elezione, i partiti organizzano una convention, che consiste solitamente in tre giornate di conferenza, lavori, discorsi (ma anche momenti di leggerezza con musica e balli), nei quali vengono delineati i punti principali della campagna elettorale.
Ma chi sono i candidati? Sebbene il sistema politico americano sia squisitamente bipolare, non sono sono Kamala Harris (Partito democratico, centrosinistra) e Donald Trump (Partito repubblicano, centrodestra) coloro che formalmente si contendono la presidenza.
A loro si aggiungono Jill Stein (Partito verde, alla sua terza candidatura) e Chase Oliver (Partito libertariano). Sono solo questi i quattro candidati che sono riusciti a presentare la propria candidatura in tutti gli stati. Tra coloro che correranno di fatto solo in alcuni stati rientrano Cornel West (indipendente), Claudia De la Cruz (Partito del socialismo e della liberazione) e Peter Sonski (Partito della solidarietà americana).
Di fatto, molto difficilmente un nominee che non sia sostenuto dai dem o dai repubblicani riesce a ottenere risultati rilevanti. L'ultimo caso è stato quello di Ross Perot nel 1992, che era riuscito a ottenere il 18,9% dei voti. Generalmente, nessun candidato secondario riesce a convincere più del 2-3% degli elettori.