Washington, 3 novembre 2020 - Imprevedibile. E ingestibile, come sanno benissimo schiere di collaboratori, i superstiti dei tanti licenziamenti che non sono più scene recitate in 'The Apprentice', il reality show dei record. Eppure è soprattutto Donald l'asso nella manica del presidente Trump, deciso a conquistare il suo secondo mandato nelle elezioni Usa 2020. Così capace di rinascere perennemente dalle proprie ceneri da mandare in crisi schiere di politologi e infallibili commentatori.
Fattore Donald
Errori e figuracce che affosserebbero chiunque, ogni volta sembrano incredibilmente rafforzarlo, passato il primo momento di sbandamento. Dopo il contagio da Covid, si erano arresi anche gli irriducibili che andando controcorrente avevano previsto il suo trionfo nel 2016. Così è troppo, stavolta non ce la fa, ecco punita l'imprudenza e la superficialità del commander in chief sulla pandemia. E sembra averlo pensato (e scritto) anche la first lady, contagiata e contrariata. Senza strafare, perché c'è il ruolo ma soprattutto il contratto matrimoniale da rispettare. “Ti amo tantissimo ma firma sulla linea tratteggiata”, così il tycoon aveva spiegato l'idillio blindato dalle carte in uno dei suoi best seller, “Pensa in grande e manda tutti al diavolo”. Titolo che più trumpiano non si può. Alla fine, dopo qualche giorno di pose gelide e mani sfilate via, è tornato il sereno a casa Trump.
Melania Trump
E Melania - bellezza e ambizione - è di nuovo al suo posto, altra carta vincente del candidato. Senti, ha il fiato corto, ansima ancora, sentenziava la rete, ascoltando e riascoltando l'arringa del presidente all'America, quel "non lasciatevi dominare dalla paura", da opporre alla rigidità delle regole di sicurezza imposte dal virus. Parole pronunciate appena dimesso dall'ospedale, già pronto a riprendersi la sua "folla". Di più: a indossare il costume di Superman (il video di Trump) per dire, eccomi, l'eroe che è uscito là fuori per fare il suo dovere di presidente e si è beccato il virus ce l'ha fatta, ha superato anche questa prova. Joe Biden è sempre in grande vantaggio nei sondaggi? Trump, deciso a fare breccia su un paese che vuole lasciarsi alle spalle l'incubo del lockdown, spara: "Se Biden vince, cancella il Natale". E mentre di colpo ti vedi comparire davanti l'avaro Ebenezer Scrooge di Dickens, che disprezzava la festa, il presidente sta parlando anche ai cattolici, gli stessi contrari all'aborto, un'altra delle sue campagne. Poi eccolo lanciarsi sulle note di una canzone cult, quell'Ymca dei Village People dichiarata patrimonio culturale Usa e riadattata per la campagna elettorale. Sorriso maliardo e qualche mossa, la folla va in visibilio per il 74enne che si dà arie da ragazzo. Non regge il confronto fisico l'avversario coetaneo. Ha solo 4 anni in più ma li dimostra tutti, richiamato all'ordine nei dibattiti anche dal moderatore quando dimentica di rispondere alle domande. Inutilmente Sleepy Joe prova a copiare il cappellino da baseball: non funziona.
Economia, Covid e politica estera
Venderà cara la pelle, Trump. Evoca l'onda rossa. Sempre associato a quell'effetto sorpresa che viene messo in conto da tutti, magari confinato tra parentesi ma pur sempre ricordato, perché brucia ancora la sconfitta dell'altra volta, commentatori e politologi finiti kappao. Se l'economia, uno dei vanti dell'amministrazione, è stata stravolta dal virus, sulla politica estera spicca l'accordo inaspettato tra Israele e paesi del Golfo, "giorno storico" ha subito dichiarato il presidente nel metterci la firma.
Quell'intesa rilancia l'idea di un comandante così fuori dagli schemi da prenotarsi come il grande mediatore. "Sono uno dei pochi che potrebbero negoziare la pace in Medio Oriente", scriveva già nel 2007 in uno dei suoi best seller. E cosa aspettarsi dal voto per posta? Chi avvantaggerà? L'inquilino della Casa Bianca ha più volte insistito sul pericolo dei brogli, ma il sistema - oggi più che mai necessario per il Covid - è sempre esistito. E se le registrazioni danno in vantaggio i democratici, il rischio di schede annullate per formalismi e imperfezioni rimette tutto in gioco. Ci sarà da lavorare per gli avvocati.
Oggi il tycoon non è più l'uomo nuovo, si sa tutto di lui, del ragazzino 15enne che il padre costruttore - ma nel Bronx, il figlio invece è sbarcato a Manhattan, il sogno, la frontiera superata - portava con sé la domenica mattina sui cantieri dove raccattava i vecchi chiodi da consegnare agli operai. Stavolta le ultime biografie autorizzate della first lady ci hanno ricordato che Donald pensava alla Casa Bianca da molti molti anni. Ma come ha sempre ripetuto nei manuali per diventare ricchi e famosi, le grandi imprese si costruiscono con attesa paziente. Un aggettivo che messo accanto a Trump non pare credibile. Eppure.
Legge e ordine
In sintesi, "se non sapete come andranno a finire le cose, siete in buona compagnia. Nessuno di noi lo sa veramente. Potreste essere investiti da un autobus mentre attraversate la strada. Nel dubbio, credete in voi stessi e convincetevi che avrete successo. Nessuno può farlo al vostro posto". Parola di Donald, quando pensava e scriveva in grande (e non ha mai smesso). Accettando la nomination, aveva messo in chiaro: "La scelta è tra il sogno americano e il socialismo. Fermeremo le folle inferocite". Un altro punto a favore: la strategia 'legge e ordine' per gelare le proteste antirazziste.