New York, 5 novembre 2024 – Ha fatto molti salti da uno schieramento all’altro Donald Trump, che nella sua vita ha anche appoggiato Kamala Harris finanziandone la campagna elettorale quando l’attuale sua avversaria per la Casa Bianca correva allo scranno di Procuratore della California: 6mila dollari in due tranche, nel 2011 e nel 2013. In quegli anni, il tycoon di tv e immobili aveva già lasciato per la seconda volta il Partito democratico e si apprestava al nuovo ingresso nei Repubblicani, un rimbalzo effettuato passando da Indipendente e poi da Riformista.
Donald John Trump ha compiuto 78 anni lo scorso 14 giugno. E’ nato a New York ma le origini della sua famiglia sono da parte di padre tedesche e da parte di madre scozzesi: il nonno Frederick (cugino di Henry John Heinz, quello del ketchup) ha cambiato il cognome di famiglia abbandonando l’originale Drumpf. Il gioco di parole è evidente: trumpf in tedesco è la carta vincente del mazzo, proprio come trump in slang americano. E vincente il figlio Fred lo fu: da barbiere nei sobborghi newyorkesi divenne immobiliarista ricco cavalcando il sogno americano, così da affidare la sua fortuna a Donald, quarto di cinque figli, il secondo maschio, col fratello maggiore che morì assai giovane per le conseguenze dell’alcolismo. Per questo il candidato repubblicano sembra essere morigerato nel consumo di alcolici e anche di sigarette.
La carriera imprenditoriale di Donald Trump fu ondivaga, un po’ come la sua passione politica. Alti e bassi neppure troppo accentuati, ma comunque con la Trump Organization ebbe un ruolo di un certo nella rivoluzione edilizia della Grande Mela, dove può sfoggiare la Trump Tower sulla Quinta Strada. In contemporanea all’attività immobiliare, che si sviluppò anche con le case da gioco ad Atlantic City, Donald fece crescere quella della comunicazione, facendo lui stesso comparsate in eventi e film dove interpretava se stesso.
Quella che non gli è mai mancata durante la sua scalata è la presunzione, che lui stesso riconosce, ma che giustifica con la valutazione del suo Quoziente Intellettivo di cui fa un vanto speciale con dichiarazioni spesso forti rivolgendosi a quelli che ritiene nemici: “Mi dispiace per voi perdenti e hater, ma il mio QI è uno dei più alti, lo sapete tutti! Per favore, non sentitevi stupidi e insicuri, non è colpa vostra”. Secondo alcuni, Trump ha 156 di QI (per altri 146) che lo pone nella fascia più alta della popolazione mondiale, una frazione di punto percentuale che guarda gli altri dall’alto al basso: un punteggio superiore a quello di Napoleone Bonaparte. Ma Donald non vuole essere messo in competizione con nessuno, si sente lui il più forte: “Da affarista di grande successo sono diventato prima una delle più importanti star televisive e infine presidente degli Stati Uniti. Penso che tutto questo mi possa qualificare non solo come molto intelligente, ma addirittura come genio. Un genio mentalmente molto stabile”.
Nella sua terza corsa alla Casa Bianca pone il redde rationem della sua vita, la sconfitta contro Joe Biden gli pesa ancora molto, continua a dire di avere subito brogli e già ha messo le mani avanti se dovesse di nuovo essere sconfitto. Ma pensando a quattro anni fa sostiene che “a volte nel perdere una battaglia trovi un nuovo modo di vincere la guerra” e su questa guerra, anzi promettendo che i conflitti in corso con lui termineranno, Trump ha le idee molto chiare: “In America crediamo nella pace attraverso la forza ed è quello che avremo”. Detto da una persona che dice di non essere assolutamente l’esempio della moderazione suona piuttosto strano.