Firenze, 21 gennaio 2022 - La corsa al Colle è appena iniziata. Quali i requisiti richiesti al candidato e gli attuali scenari? Lo abbiamo chiesto a Patrizia Giunti, professore ordinario di diritto romano all’Università degli Studi di Firenze - già direttore del dipartimento giuridico - e titolare degli insegnamenti romanistici alla Pontificia Università Lateranense.
Quali i principali compiti e funzioni che la Costituzione Italiana prevede per il Presidente della Repubblica? “L’aspetto tecnico è certamente prioritario. Ricorre spesso l’idea che nel nostro sistema costituzionale, di tipo parlamentare, il Presidente della Repubblica abbia un ruolo di secondo piano, di notaio di decisioni prese da altri, di pura rappresentanza formale: non è affatto così".
La professoressa sottolinea come proprio il mandato del Presidente Mattarella ce ne ha dato prova e conferma. L’importanza del ruolo è infatti chiara nella Carta Costituzionale come lo era - per la docente - nell’idea dei Padri Costituenti che attribuirono a questa figura addirittura la qualifica di Capo dello Stato (art. 87 Cost.).
D’altra parte la Costituzione in capo al Presidente disegna una gamma di poteri sicuramente ampia come fa notare Giunti. Accanto a quelli classici del Capo dello Stato parlamentare: indire le elezioni, fissare la prima riunione delle Camere, procedere allo scioglimento anticipato di una o di entrambe - tranne nell’ultimo semestre - Il Presidente della Repubblica ha inoltre il fondamentale compito di nominare il Presidente del Consiglio e – su proposta di quest’ultimo – i ministri.
“Spetta sempre a lui – continua Patrizia Giunti – la promulgazione delle leggi e ancora autorizzare la presentazione alle Camere dei disegni di legge che vengono dal Governo: tutta una serie di funzioni decisive nel funzionamento di una macchina complessa, com’è quella di una democrazia, pur parlamentare".
Ma accanto a questi poteri vincolati, di indirizzo costituzionale, la professoressa ricorda che “ne abbiamo una serie che sono meno d’impatto ma decisivi nella costruzione del profilo del Presidente, perchè di controllo e di stimolo: il potere di veto e di rinvio alle Camere dei testi delle leggi, ancora la nomina di un terzo dei giudici della Corte Costituzionale e inoltre il potere di messaggio alle Camere".
Abbiamo visto ultimamente l’importanza di quest’ultima prerogativa. “Il nostro Presidente della Repubblica è quindi la bussola del sistema – aggiunge la studiosa –, la sintesi perfetta delle sue funzioni si può riassumere nelle parole fondamentali in apertura dell’articolo 87: ‘Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale’. Quest’ultima non certo solo nel senso dell’unità territoriale dello Stato, ma in quello della coesione, dell’armonia tra i diversi poteri nel loro funzionamento".
Il Presidente – fa notare Giunti - deve riuscire ad esprimere la voce che è capace di superare le divisioni, le lacerazioni, inevitabili in un sistema complesso come quello delle democrazie liberali, “la voce che riesce a far prevalere nei cittadini il senso dell’appartenenza comune, per l’edificazione della Casa comune - felice metafora coniata da Giorgio La Pira -, comunità in cui tutti si devono sentire protagonisti e tutti sono chiamati a partecipare".
Non è un caso per la docente che oggi questa metafora venga impiegata anche nel messaggio del Santo Padre che per la difesa dell’ambiente, del creato parla di ‘difesa della Casa Comune’. “Rappresentare la Casa Comune significa renderla ogni giorno viva, percepibile, inclusiva, cogliendo le diversità nel dialogo: la più alta delle funzioni e delle responsabilità che la nostra Carta assegna al Presidente della Repubblica".
La ‘corsa al Colle’ è appena iniziata: da cittadina italiana e da studiosa di diritto quali ritiene siano i requisiti essenziali e irrinunciabili per la candidatura alla presidenza della Repubblica?
“Al di là dei requisiti formali, come l’età, precisati dalla Costituzione, credo che il problema del profilo presidenziale lo abbia ben disegnato lo stesso Presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno: lì troviamo gli snodi cruciali per identificare il profilo di questa carica. Innanzitutto proprio perché rappresenta l’unità della Nazione il Presidente deve sapersi spogliare di ogni eventuale appartenenza, proiettandosi esclusivamente verso il bene comune, l’interesse generale".
Quest’aspetto per la professoressa Giunti è frutto di una storia e tradizione politica che abbraccia l’occidente fin dall’antichità: il ‘bonum publicum’ ciceroniano. “In secondo luogo il Presidente deve salvaguardare il ruolo e le prerogative dell’istituzione che riceve e che dovrà trasmettere al suo successore: aspetto su cui non sempre troviamo una sottolineatura adeguata e decisiva” per la docente “perché nessuno può diminuire le prerogative delle quali è investito pro tempore”.
Le attitudini fondamentali che quindi un Presidente deve esprimere sono un’assoluta imparzialità nei confronti delle forze politiche, il rispetto delle prerogative assegnatigli dalla Costituzione anche nei suoi limiti e il riconoscimento del ruolo del Parlamento, dato che siamo in una democrazia parlamentare. A tutto questo per la professoressa si deve aggiungere un tratto umano che è imprescindibile oggi più che mai in un contesto in cui ormai il palazzo è davvero trasparente.
“Il tratto umano è fondamentale, deve unire la pacatezza, l’equilibrio, l’attenzione per gli interlocutori, importanti o umili che siano, istituzionali o non, una grande forza morale per superare le difficoltà che il mandato presenta”, la capacità di trasmettere queste attitudini umane non soltanto con le parole, ma anche con l’atteggiamento.
“Se si vuole racchiudere tutto questo in una sola parola – conclude la studiosa di diritto romano - possiamo usare il termine latino ‘auctoritas’, ossia autorevolezza, dalla quale discende il suo riconoscimento e la sua affidabilità. Senso istituzionale quindi e tratto umano, virtù personali”.
Pensa che sia facile in questo periodo storico individuare in Italia una figura dalla condotta, la competenza, l’operato e la statura morale del Presidente Mattarella, che con la sua vicinanza ha costantemente ispirato negli italiani grande senso di responsabilità ed orgoglio per la propria nazione?
“La domanda più difficile. Sicuramente il passaggio che ci attende non sarà banale e le forze politiche presenti in Parlamento potranno affrontarlo solo attraverso un dialogo serio, non semplicemente opponendo paletti reciproci. Del resto – lo vediamo quotidianamente - riprende forza la prospettiva di una rielezione del Presidente Mattarella, che tuttavia a mio modo di vedere non dovrebbe apparire come una scelta tattica per uscire dall’impasse politica o come una soluzione di emergenza congiunturale: questo sarebbe una conferma diminuitiva della grande auctoritas che il Presidente Mattarella nel suo mandato ha esercitato ed espresso".
Giunti ritiene che adesso usando l’ottimismo della ragione e non solo quello della volontà il nostro Paese sia in grado di esprimere in tanti campi personalità qualificate, competenti, dotate di esperienza e lungimiranza – “la più grande delle virtù che un uomo politico e di governo deve avere” - e forti di quell’autorevolezza necessaria per rappresentare l’unità nazionale.
L’importante riflessione della studiosa è che Il prossimo mandato presidenziale avrà di fronte un percorso non facile perché i processi di disgregazione sociale di cui in questo momento siamo testimoni sono destinati a rafforzarsi per la trasformazione che c’è nel mondo del lavoro e che porta un processo di marginalizzazione sociale che si traduce anche in una estraniazione dalla cittadinanza: il cinquanta per cento degli elettori che hanno votato nelle ultime elezioni amministrative ne è la più drammatica spia.
“Accanto a questo – aggiunge la docente - c’è uno scenario che appare complesso anche sul piano politico. Questo Presidente viene eletto da un parlamento che è a un anno dalla sua scadenza naturale e avrà dunque come interlocutore per la maggior parte del suo mandato un parlamento molto diverso anche e innanzitutto sul piano numerico, per la recente riforma costituzionale.” Il percorso non appare quindi privo di insidie sul piano sociale e su quello istituzionale: “ecco perchè questa volta è fondamentale una figura di grande spessore, esperienza e lungimiranza”.
Da alcuni è stato posto il genere come criterio prioritario per la candidatura al Quirinale: si sostiene cioè la necessità di una figura femminile.
Cosa ne pensa dell’assunzione di tale criterio a riguardo? Lo chiediamo a lei, prima donna a guidare la facoltà di Giurisprudenza a Firenze, oggi Dipartimento di Scienze Giuridiche
“Vivo la questione femminile come donna nel mondo del lavoro e come docente e studiosa di diritto che ha approfondito questa condizione anche nel mondo antico, in particolare sul tema del riconoscimento e della discriminazione femminile nella Roma antica. Questa necessità che da più parti viene espressa di aprire lo sguardo sull’universo della competenza e della qualificazione femminile, umana, professionale e istituzionale, la faccio mia, soprattutto in prospettiva della massima carica della Stato. Tutto questo però - aggiunge Giunti - in quanto il criterio di genere non sia una pura bandiera, altrimenti controproducente e quasi offensivo: non si tratta di ammettere un criterio automatico, ma di riconoscere il valore e la competenza, oltre gli steccati di genere”.
La professoressa ci confessa di sognare – come altre colleghe – un momento nel quale la notizia della nomina di una donna non farà più notizia, perché sarà la normalità, il risultato di una valutazione oggettiva.
“Da storica del mondo antico – precisa Giunti - sono consapevole di quanto siano lunghe le mutazioni culturali e i problemi che il genere femminile affronta nella quotidianità confermano quanto i mutamenti culturali richiedano tempo, al di là della modifica legislativa. Resta indubbio, però, che i passaggi simbolici hanno un valore fortissimo”.
La studiosa ricorda che la nostra storia repubblicana è segnata da numerosi di questi passaggi: in Assemblea costituente dei cinquecentocinquantasei membri , eletti nel 1946 per la prima volta a suffragio universale, ventuno erano donne, “che contribuirono a scrivere la Carta Costituzionale costituendo un fortissimo simbolo”.
Si fa notare che la riforma del diritto di famiglia sarebbe arrivata quasi trent’anni dopo a stabilire che i genitori hanno pari potestà rispetto ai figli. Altro simbolo non meno forte per l’intervistata è l’ingresso delle donne nei ruoli della Magistratura: “Fino al 1963 i concorsi per la Magistratura erano riservati agli uomini, anche se ci sembra inverosimile oggi, in cui la presenza femminile è paritaria se non maggioritaria rispetto alla maschile. Questi passaggi” per Patrizia Giunti “sono decisivi: una presenza femminile al Colle avrebbe un valore simbolico altissimo per accelerare i mutamenti culturali di cui abbiamo detto e i tempi sarebbero maturi per quell’auctoritas di cui tante figure femminili sono portatrici”.
Per concludere: la nostra è una Repubblica parlamentare, ci può spiegare in che cosa si differenzia da una repubblica di tipo presidenziale come ad esempio troviamo in Francia?
“Il punto centrale di questa differenza si collega alla procedura elettorale dell’elezione del Presidente e mette in luce quello che è uno dei veri nodi delle moderne democrazie e cioè la dialettica tra rappresentanza e partecipazione. Nei sistemi presidenziali il Presidente è eletto direttamente dal popolo sulla base di precise candidature e quindi è l’espressione diretta del corpo elettorale”.
Dunque?
"Questa procedura elettorale si riflette a sua volta sulla titolarità del potere esecutivo che tuttavia cambia fra il cosiddetto presidenzialismo puro e il semipresidenzialismo, quest’ultimo caratteristico appunto della Francia.”
Quindi oggi quale la differenza fondamentale fra i due ordinamenti?
“E’ innanzitutto la procedura elettorale a cui si accompagna anche una diversa titolarità del potere esecutivo che cambia a seconda che il modello sia di un semipresidenzialismo, come quello francese, in cui il potere esecutivo è condiviso fra Presidente della Repubblica e il Primo Ministro da lui nominato sulla base dell’elezione del Parlamento o un presidenzialismo puro, come quello degli Stati Uniti d’America. Qui il Presidente è nello stesso tempo Capo dello Stato, ma anche del Governo, a cui questo risponde. Chiaramente il modello statunitense puro non ha un’elezione popolare diretta, per testa, ma i voti dei cittadini servono a definire i grandi elettori dei cinquanta stati che daranno il loro voto al candidato della parte cui appartengono. Nel nostro sistema invece spetta al Parlamento, che è espressione del voto popolare, eleggere il Presidente della Repubblica.”