Fallito il tentativo del centrodestra con Elisabetta Casellati, la palla torna nella metà campo dei progressisti. Un minuto dopo la lettura del risultato che confermava la sonora bocciatura della presidente del Senato da parte dei Grandi elettori, Enrico Letta riunisce la coalizione nell’ormai consueto formato “tre per tre“, con i tre leader accompagnati dai capigruppo di Camera e Senato.
L’analisi del voto è unanime e chiama chiaramente la coalizione progressista a compiere un passo politico nei confronti del centrodestra. La riunione diventa presto un gabinetto di guerra permanente, con Giuseppe Conte incaricato di sondare il centrodestra sulle possibili soluzioni. Sono quasi le sei del pomeriggio di un venerdì che è stato lunghissimo e che ha messo a dura prova i nervi di tutti.
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L’indizio che qualcosa si stia muovendo arriva quando Matteo Salvini entra negli uffici dei gruppi Pd, dai quali si accede, poi, alle scale che portano a quello del Movimento 5 Stelle. Lì, nella Sala Tatarella, si tiene il tanto atteso faccia a faccia tra Salvini e Letta, presenti anche Conte e Speranza.
In Aula, intanto, comincia la seconda votazione di ieri, il sesto scrutinio, inutile dopo il flop di Casellati. Letta lascia la riunione solo per andare a votare. Il volto del segretario è stanco, ma meno cupo della mattina, quando era in pieno corso lo scontro con il centrodestra. La tattica del centrosinistra, quella di astenersi, al quinto scrutinio, ha pagato: quasi tutti i 457 grandi elettori del centrosinistra allargato (cioè compresa Italia Viva) ha risposto all’ordine di scuderia. La Casellati è finita affossata solo per mano del centrodestra, centristi e azzurri in testa.
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"Ci stiamo parlando, sono in corso discussioni e poi vedremo. Stamane ero ottimista ed è andata bene. Abbiamo finalmente iniziato a parlare, ma siamo all’inizio", dice Letta ai cronisti, che esprime "dispiacere" per la "brutta figura" cui è stata esposta la seconda carica dello Stato.
Archiviata l’opzione Casellati, però, ne rimangono aperte ancora tante, ma tre sembrano ai dem le piste più calde. La prima è quella indicata dai numeri e porta a Sergio Mattarella, che al sesto scrutinio prende un botto di voti, ben 336: lo votano, contravvenendo all’indicazione di partito, moltissimi 5 Stelle e anche moltissimi dem. L’aumento progressivo dei voti per il presidente della Repubblica in carica incoraggia alcuni elettori di Pd, M5s e LeU ad agevolare questo tentativo: che l’idea piaccia nelle file pentastellate non è mai stato un mistero e, tra i dem, era stato Matteo Orfini ad auspicare questa soluzione che sembrava vicina, esulta il dem Stefano Ceccanti.
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Ma poi, a sera, cambia tutto lo scenario. Letta, sempre scortato da Conte e Speranza, si vede per ben due volte con Salvini, che poi vede Tajani. Sul tavolo ci sono quattro nomi: Mattarella, Draghi (che Salvini ha visto privatamente), Casini e la Belloni, ma è lei il nome che prende quota. Letta non fa nomi, dice che "la notte è lunga, la trattativa difficile, ma si è riaperto un dialogo". Invece, Salvini, La Russa e Conte parlano esplicitamente di un "presidente donna e brava". Ovvio che sia la Belloni. Grillo scrive su Twitter: “Benvenuta signora Italia, ti aspettavamo da tempo #ElisabettaBelloni".
L’ultimo flash del Nazareno è questo: "Sono finalmente in corso confronti e discussioni su alcune possibili soluzioni. Tra queste anche candidature femminili di assoluto valore. Ma ci vuole serietà. Per noi rimane fondamentale preservare l’unità della maggioranza di governo. Intanto invitiamo tutti a prendere atto della spinta che da due giorni e in modo trasversale in Parlamento viene a favore della riconferma del presidente Mattarella". Belloni e Mattarella i due nomi “veri“ in campo.